lettere al direttore

Proposte per Napoli e per l'Italia

di Achille della Ragione

 

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ad Attila, cucciolo delizioso
con la speranza che ti amerò come i tuoi predecessori

1   Eureka l’onore è salvo
2   L’insensato rito del ferragosto
3   Bentornata Piedigrotta
4   L’elemosina in occidente nel XXI secolo
5   Anzianissimi in balia di anziani
6   Il miglior amico dell’uomo
7   Una squallida kermesse
8   Triste primato
9   Precisazione
10 La seduzione dopo gli anta
11 Bisogna salvare il San Carlo
12 Consigli al Padre Eterno
13 Il lavoro precario:maledizione o necessità?
14 Lettera al Papa
15 Alta velocità in panne
16 Giustizia addio
17 Lavorare è necessario?
18 Scegliere il candidato
19 Suoni assordanti: dal mantra ai metallari
20 La prova del seno
21 Il trionfo del paganesimo
22 Lettera aperta alla professoressa Anna Ciriani
23 Presepe contro albero, una sfida memorabile
24 Pensieri sul tempo
25 Vulcano buono, ma con chi?
26 La fine della vita
27 La fine del denaro
28 La fine del lavoro
29 Una proposta allettante
30 Una proposta sensata
31 Napoli affonda si salvi chi può
32 Attenti a non smaltire la salute
33 Provvedimenti urgenti per turismo e prodotti tipici
34 Non più casta ma cosca
35 Di nuovo polemiche sull’aborto
36 Rifiuti da trasportare lontano
37 Chiarezza sull’aborto
38 Replica a Repubblica
39 La più svettante palma di Napoli
40 Tacchi a spillo: orgasmo assicurato
41 Sircana non lo meritavamo


Eureka l’onore è salvo

 

Gentile dottore,

otto agosto ore dieci, 40 gradi all’ombra, mi appresto ad entrare nel Tribunale di Napoli al centro direzionale per ritirare un documento, ma vengo bloccato dal drappello di polizia che giudica indecente il mio abbigliamento.

Premetto che l’indumento incriminato è un elegante calzoncino, griffatissimo ed ultrafirmato, abbondantemente oltre il ginocchio, con il quale abitualmente entro in chiesa, stipulo presso notai contratti da milioni di euro e, lo confesso, ricevo sguardi interessati da focose fanciulle e da attempate signore.

Chiedo di parlare col comandante, ma mi viene riferito che trattasi di un’ordinanza firmata dal presidente del Tribunale in persona.

Non mi scoraggio, nonostante sia venuto da fuori Napoli e riesco, in cambio di un bigliettone, a convincere un corpulento garzone a chiudersi nella toilette ed a prestarmi il suo pantalone, per quanto imbrattato e rattoppato.

Mi ripresento all’ingresso ed osservo una straripante popolana entrare senza problemi in calzoncini, segno evidente che le sue gambe sono giudicabili in maniera diversa dalle mie. Grazie al maleodorante pantalone imprestatomi riesco finalmente ad entrare ed a ritirare l’agognato documento.

L’episodio sembra irrilevante, ma a mio parere è di una gravità inaudita. Vietare l’accesso ad un ufficio pubblico e sindacare l’abbigliamento dei cittadini è prerogativa dei paesi islamici più arretrati, dove i talebani si arrogano il potere di obbligare gli uomini a farsi crescere la barba e le donne ad indossare il burka. Ma forse i magistrati, stanchi di giudicare solo i comportamenti dei cittadini, vogliono anche pontificare sui loro abbigliamenti, confondendo il decoro di un’istituzione, che si misura in efficienza nel contrastare una delinquenza oramai padrona del territorio, con i centimetri dei calzoncini maschili.

Corriere della sera 10 agosto 2007 – Repubblica (nazionale) 10 agosto 2007 – Roma 10 agosto 2007 – Lo Strillo settembre 2007

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L’insensato rito  del ferragosto

 

Gentile dottore,

ad un osservatore alieno, ad un incuriosito marziano che osservasse dall’alto le fiumane di auto che affollano le strade italiane nei giorni del ferragosto, i terrestri apparirebbero come esseri balordi, brulicanti, imprevedibili, ma certamente privi di ogni attività cerebrale.

Memori delle periodiche transumanze del loro atavico passato di pastori erranti, gli Italiani hanno, nel dopoguerra, creato il granitico mito delle vacanze, che ha sostituito tutte le credenze precedenti. L’unica religione riconosciuta è divenuta il culto dell’automobile, la località di villeggiatura la Terra promessa, l’uscita cadenzata di nuovi modelli di autovetture sul mercato l’apparizione dello Spirito santo, il denaro il mostruoso moloch al quale prostrarsi inginocchiati.

E tutti assieme, pigiati fino all’inverosimile in scatolette di latta, in partenza per il viaggio rituale, verso la meta, spesso la stessa, per cui giganteschi intasamenti a croce uncinata, esodi biblici che svuotano le città e fanno scoppiare le località di villeggiatura rendendole invivibili, al pari delle strade, delle spiagge e delle rare zone boschive divorate, giorno dopo giorno, da incendi criminali.

Ed al ritorno stressati, le stesse file decichilometriche, gli stessi intasamenti suicidi, lo stesso inutile martirio e nello stesso tempo la festa sacra ed il disperato pellegrinaggio alla ricerca della vanità.

Il Tempo  ??? – Il Golfo (come articolo) 18 agosto 2007 

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Bentornata Piedigrotta

 

Gentile dottore,

finalmente, dopo decenni di oblio, torna la Piedigrotta e soprattutto tornano i carri, resi mitici dalle feste organizzate durante il regno di Achille Lauro dal mitico assessore Limoncelli, che seppe far ritornare all'antico splendore la celebre ricorrenza, organizzando memorabili manifestazioni che duravano fino a quindici giorni.

Durante il passaggio dei mastodontici carri allegorici era permesso un po' di tutto: urlare, sbracciarsi, calare coppoloni in testa a tipi soggetti, esercitare vigorosamente la mano morta su sederi di tutte le età, pur senza trascurare eventuali seni generosamente esposti, dimenticando così le angustie quotidiane. L'antico spirito greco della manifestazione, nata tra venerazioni priapiche e sfrenate danze liberatorie, sembrava rivivere nel popolo festoso, esaltando lo spirito trasgressivo e godereccio dei napoletani.

Sembrano tempi distanti anni luce, invece è cronaca degli anni Cinquanta, i giovani non conoscono la Piedigrotta, ma il suo spirito è immortale e può divampare di nuovo per la gioia dei napoletani e per il nostro boccheggiante turismo. Ai tempi del vituperato Comandante il calendario delle manifestazioni, ad uso dei forestieri, ma progettato per i gusti degli indigeni, andava da aprile ad ottobre, costringendo pure i rinomati miracoli di San Gennaro a rientrare nei festeggiamenti e riesumando inoltre antiche tradizioni da quella del Monacone a quella della Madonna del Carmine.

Il Mattino 28 settembre 2007

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L’elemosina in occidente nel XXI secolo

 

Gentile dottore,

la nostra civiltà, e non solo la nostra, riconoscono all’elemosina un significato fondamentale, per i cristiani esercitare la carità verso il prossimo è un bisogno dello spirito ed un mezzo per raggiungere la salvezza e la vita eterna, per i laici un tentativo di redistribuzione della ricchezza ed una parziale risposta della società al problema della povertà.

Tutte le religioni impongono ai propri seguaci l’obbligo di venire incontro ai bisogni dei meno fortunati, la Carità dei cristiani poco differisce dallo Zakat dei mussulmani, uno dei pilastri della fede islamica.

Il comunismo si è illuso di poter risolvere le disuguaglianze economiche tra gli uomini, ma il suo fallimento è sotto gli occhi di tutti e fino a quando esisterà la povertà è dovere di ogni uomo di buona volontà cercare di porvi rimedio.

Naturalmente vi è una differenza abissale tra chiedere l’elemosina o cercare di estorcere denaro con protervia ed arroganza, come è il caso dei parcheggiatori abusivi o dei lavavetri. E questa distinzione, chiara ed inequivocabile, va sottolineata con forza, per togliere fiato ed argomentazione ai soliti bastion contrari, sorti come funghi e dediti a proclamare sempre e soltanto il contrario di tutto.

Il velleitario tentativo di sindaci coraggiosi di stroncare un racket vergognoso va plaudito e compito dei cittadini è quello di collaborare, facendo confluire il proprio aiuto verso istituti assistenziali specializzati ed affidabili.

Prima che l’Italia divenga la terra promessa dei diseredati di tutto il mondo ed una marea incontenibile ci travolga, sommergendoci.

Il Giornale 9 settembre 2007 – Il Roma 27 settembre 2007 – Il Mattino 14 ottobre 2007 – Senatus settembre 2007 – Orizzonti Nuovi (come articolo)

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Anzianissimi in balia di anziani

 

Gentile dottore,

la vita umana si è allungata e si allunga sempre più grazie alle scoperte della medicina, sembrerebbe un fatto positivo, ma purtroppo la scienza ha aggiunto anni alla vita e non vita agli anni e l’accoppiata di malattie croniche e vecchiaia ingravescente costituisce oramai una miscela esplosiva in grado di far saltare gli equilibri sociali e le economie delle nazioni, obbligate a confrontarsi con falangi di soggetti non più produttivi, che per decenni pesano sulla famiglia e sulla comunità.

E dove non esiste un programma di assistenza domiciliare efficiente come in Italia capita che il peso graviti solo sulla famiglia e sempre più spesso vi siano settantenni   costretti a doversi prendere cura di novantenni.

Il compito da affrontare stronca le fibre più robuste, ventiquattro ore su ventiquattro, saltando i ritmi sonno e veglia e spesso dovendo combattere anche contro le difficoltà economiche e la solitudine. Momenti interminabili di smarrimento e di rifiuto alternati a sensi di colpa ed alla tragedia di dover assistere impotenti alla sofferenza di una persona cara, con l’incubo di intravedere in anticipo il proprio incombente futuro.

Un esercito di badanti straniere sopporta una parte significativa del peso di questa penosa situazione e senza il loro aiuto saremmo letteralmente perduti.

Il disfacimento della famiglia patriarcale e l’egoismo, che la sfrenata società dei consumi collabora ad incrementare, costituiscono due grossi ostacoli per alleviare la situazione, che potrà avere dei benefici solo cercando di fare fronte a quella che è la vera emergenza del nostro Paese: l’assistenza domiciliare per i malati cronici e per gli anziani, una calamità che scontano in silenzio ed in assoluta solitudine milioni di famiglie.

Orizzonti Nuovi 4 ottobre 2007 (come articolo)

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Il miglior amico dell’uomo

 

Gentile dottor Gargano,

non avrei mai potuto immaginare che l’arrivo in casa mia di una cucciola di rottweiler, regalo di una ragazza a mio figlio, potesse cambiare negli anni così profondamente non solo la mia vita, ma soprattutto il modo di relazionarmi col mondo ed il mio metro di giudizio del prossimo.

Era il 1994 ed avevo sempre avuto un sacro terrore dei cani da quando, giovanissimo, avevo trascorso un’intera notte sul tetto di un’auto per sfuggire alla furia di un  randagio di grosse dimensioni e anche altri incontri ravvicinati non erano stati particolarmente felici, per cui non accolsi con entusiasmo l’ingresso in famiglia di un esemplare, per quanto di pochi mesi, di una razza notoriamente feroce.

Lady fu relegata nel sottoscala ed abbaiava disperata durante le poche visite che gli dedicavamo; decidemmo di trasferirla in giardino, ma i rigori dell’inverno contribuirono a farla ammalare e fu necessario il ricovero: cimurro fu la diagnosi e la prognosi purtroppo riservata.

Partimmo per Roccaraso, ma ogni sera telefonavo alla clinica veterinaria per avere notizie, che peggioravano giorno dopo giorno, fino a quando mi dissero:”Non vi è più speranza, interrompiamo la terapia? ”

“Assolutamente no, se esiste un dio dei cani la aiuterà”.

Ed il miracolo… avvenne, durante la notte Lady ebbe un miglioramento decisivo ed il giorno successivo potemmo andare a riprenderla completamente guarita.

La nostra famiglia da quel giorno divenne più numerosa e con Lady stabilimmo un’intesa perfetta: mangiava a tavola con noi, un boccone a me ed uno a lei e dormiva la notte al mio fianco su di un variopinto tappetino persiano.

Capiva ogni mio pensiero e quando ero di cattivo umore si accoccolava vicino e rimaneva immobile.

Divenuta signorina la feci accoppiare con un cane campione: Shark e nacquero nove cucciolotti, per il poco latte uno soltanto sopravvisse, Athos, che divenne il suo compagno inseparabile.

Durante i periodi di calore, per impedire nuove gravidanze, Lady passava la giornata con me nello studio e solo la sera, attraverso un’entrata di servizio, tornava a casa, rimanendo sempre a distanza di sicurezza dall’ardore sessuale di Athos.

Nonostante i miei severi controlli censori ad un certo momento il suo addome cominciò a crescere e condussi la cagna dal veterinario, il quale perentorio dichiarò:” Si tratta di una gravidanza immaginaria nella pancia vi sono semplicemente dei gas”.

Sapendo che i medici in genere poco capiscono sottoposi Lady  ad un’ecografia nel mio studio e non mi meravigliai più di tanto nel vedere una serie di piccole colonne vertebrali intrecciate tra di loro. Facemmo appena in tempo a rincasare che cominciò il travaglio e questa volta i nuovi abitanti della terra furono sei, quattro dei quali arrivarono a tre mesi. Erano magnifici, scorazzavano nel giardino della villa di Ischia con i genitori, ma nonostante tutte le vaccinazioni, un brutto giorno contrassero la parvo virosi, una malattia che raramente perdona e cominciò un calvario durato quasi venti giorni. Era necessario sottoporre i cuccioli ad ipodermoclisi tre volte al dì, per cui ogni giorno la spola da casa al veterinario avveniva dodici volte. Il compito sulle mie spalle e su quelle del fido cameriere autista Summit. Dopo una settimana morì il primo cucciolo, seguito dopo tre giorni dal secondo e dopo cinque dal terzo; resisteva solo Porthos, anche se le speranze erano ridotte al lumicino. Passati diciotto giorni il cane cominciò a bere e l’indomani ad alimentarsi, era guarito.

Dopo tanti sacrifici e quattro milioni di spese, mia moglie pensava ancora che io regalassi il cucciolo, ma oramai non potevo più separarmi da lui.

Ci furono mesi di diverbi continui, durante i quali Porthos visse con me nello studio, che subì una devastazione in piena regola, dalle tende ai tappeti. Durante i fine settimana veniva a trovare i genitori, ma il lunedì di nuovo via, fino a quando Elvira, resasi conto di quando io tenessi al cane, acconsentì al suo definitivo ingresso in casa nostra. Furono anni di grande impegno: tre cani di quella razza fanno branco e sono difficili da gestire, soprattutto d’estate, quando per trasferirli ad Ischia era necessario fare tre trasporti in auto all’andata e tre al ritorno. Anche i nostri viaggi, fino allora frequenti, si interruppero, perché la mia costante presenza era necessaria. Ma le soddisfazioni, almeno per me furono altrettanto grandi. I tre cani erano temuti  ed ammirati da tutti e con la sola presenza e qualche sporadica abbaiata facevano la guardia alla nostra villa, tenendo alla larga in egual misura malintenzionati e visitatori inopportuni.

L’ansia, i momenti di solitudine, la tristezza venivano mitigati dalla presenza affettuosa di questi veri ed unici amici dell’uomo. Tutti possono tradirti, dalle donne ai figli, ma il cane  sarà sempre al tuo fianco e la sua fedeltà aumenterà nel tempo a dismisura, senza che quasi tu te ne  avveda, come un fiume che acquista potenza nei pressi di una cascata.

Furono anni felici, ma il tempo degli animali scorre più velocemente di quello degli uomini e Lady, dopo aver imbiancato i peli del muso, si ammalò di piometra e fu necessario sottoporla ad un intervento chirurgico. Il decorso post operatorio fu difficile e necessitò un ricovero in una clinica veterinaria, dove giunse in condizioni disperate. Rimase degente per vari giorni, durante i quali non la lasciai sola un minuto, né di giorno, né di notte. Tra i medici che si alternavano al suo capezzale ve ne fu anche uno arabo, che riconobbe in essa la cagna miracolata dieci anni prima ed ancora ricordava la mia frase sul dio dei cani. Per quanto islamico aveva meditato più volte negli anni sulle mie parole e mi invitò anche questa volta ad invocare questa sconosciuta quanto potente divinità.

Dopo una settimana Lady guarì e potemmo tornare a casa. I veterinari riconobbero che la guarigione era avvenuta grazie alla mia costante presenza: i cani malati quando si vedono abbandonati dai padroni in un ambiente estraneo si lasciano quasi sempre morire.

Purtroppo dopo un anno, oltre all’incalzare dell’età, la vecchia infezione si ripresentò, questa volta in maniera subdola: ricominciò l’andirivieni quotidiano con la clinica, le fleboclisi, ma non ci fu niente da fare, mentre eravamo tutti a tavola, Lady, con un rantolo soffocato, ci lasciò per sempre.

Il mio dolore fu immenso, versai lacrime in misura superiore a quando avevo perso i miei genitori ed il vuoto che si è creato è rimasto incolmabile a distanza di anni. Mi rimanevano gli altri due cani, che da quel giorno non fecero che litigare, costringendomi a tenerli separati.

Athos da tempo zoppicava e non era più il capobranco vigoroso di una volta, Porthos ne approfittava attaccandolo spesso alle spalle, per rifarsi degli anni in cui era stato succube.

A distanza di un anno e mezzo, mentre eravamo ad Ischia, in pochi giorni si aggravò e si spense dopo una notte di guaiti disperati. Ora riposa lì, lontano da Lady, con un ibiscus che gli fa compagnia.

Rimasto solo Porthos, che era stato

Non riesco ragionevolmente a credere che di questi miei amici sia rimasto solo il  ricordo che porterò per sempre nel mio cuore, mentre i loro corpi hanno subito il triste destino di tutti i viventi: il disfacimento.

Tra i credenti gli induisti si dimostrano meno orgogliosi dei cristiani, che nella loro smisurata superbia immaginano un mondo ultraterreno soltanto per gli uomini, mentre i loro fratelli orientali riconoscono, attraverso la reincarnazione, un percorso di purificazione per tutti i viventi senza esclusione alcuna, inclusi animali e piante. Si tratta senza dubbio di una visione più rassicurante dettata da un’antica saggezza e nello stesso tempo di sconvolgente attualità, come hanno confermato le moderne ricerche della chimica e della fisica.

Mi piace immaginare che anche ai più fedeli amici dell’uomo sia concesso di vivere in eterno e non solo nella memoria dei loro padroni.

Certamente Lady vivrà per sempre nel mio cuore, Athos, un vero amico, non sarà mai da me dimenticato, soprattutto ora che, scomparso Porthos, sono veramente solo.

Il Golfo 8 ottobre 2007 - Senatus  settembre 2007 – Bric a Brac 6 novembre 2007-  Il Mattino 16 novembre 2007 – Il Roma ???

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Il miglior amico dell’uomo (Ridotto)

 

Gentile dottore,

non avrei mai potuto immaginare che l’arrivo in casa mia di una cucciola di rottweiler, regalo di una ragazza a mio figlio, potesse cambiare negli anni così profondamente non solo la mia vita, ma soprattutto il modo di relazionarmi col mondo ed il mio metro di giudizio del prossimo.

Lady, ed in seguito Athos e Porthos mi hanno dato per anni gioia e serenità, ma  purtroppo il tempo degli animali scorre impietosamente più veloce di quello degli uomini ed uno dopo l’altro mi hanno lasciato.

L’ansia, i momenti di solitudine, la tristezza venivano mitigati dalla presenza affettuosa di questi veri ed unici amici dell’uomo. Tutti possono tradirti, dalle donne ai figli, ma il cane  sarà sempre al tuo fianco e la sua fedeltà aumenterà nel tempo a dismisura, senza che quasi tu te ne  avveda, come un fiume che acquista potenza nei pressi di una cascata.

Non riesco ragionevolmente a credere che di questi miei amici sia rimasto solo il  ricordo che porterò per sempre nel mio cuore, mentre i loro corpi hanno subito il triste destino di tutti i viventi: il disfacimento.

Tra i credenti gli induisti si dimostrano meno orgogliosi dei cristiani, che nella loro smisurata superbia immaginano un mondo ultraterreno soltanto per gli uomini, mentre i loro fratelli orientali riconoscono, attraverso la reincarnazione, un percorso di purificazione per tutti i viventi senza esclusione alcuna, inclusi animali e piante. Si tratta senza dubbio di una visione più rassicurante dettata da un’antica saggezza e nello stesso tempo di sconvolgente attualità, come hanno confermato le moderne ricerche della chimica e della fisica.

Mi piace immaginare che anche ai più fedeli amici dell’uomo sia concesso di vivere in eterno e non solo nella memoria dei loro padroni.

Il Napoli 8 novembre 2007 (ridotta)

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Una squallida kermesse

 

Gentile dottore,

da 62 anni, implacabile, si ripete il rito di miss Italia, una manifestazione che per via della televisione di Stato, che le dedica tre serate interminabili subisce una nefasta amplificazione mediatica, una vera e propria mortificazione per le donne con cento ragazze giovanissime costrette in stringati costumi da bagno, su vertiginosi tacchi a spillo ed un ridicolo numero sul petto a sfilare davanti ad un pubblico di milioni di spettatori, stimolando lubrici pensieri, né più né meno come sfilavano e purtroppo ancora sfilano le schiave nei mercato del sesso.

Quest’anno si è superato ogni limite quando tra la giuria è trapelata la necessità, per esprimere un ponderato giudizio, di valutare le terga delle fanciulle. Inutile farle danzare o recitare filastrocche, il pubblico vuole solo e soltanto vederle da dietro. Finalmente il concorso ha gettato giù la maschera, non certo una nobile gara tra signorine di buoni sentimenti, vergini e timorate di Dio, ma una gara spietata tra ragazze, quasi tutte minorenni, irretite da madri compiacenti e vanagloriose, rotte… ad ogni trucco ed espediente, un’esibizione indecente che umilia le concorrenti messe in bella mostra come merce in vendita al miglior offerente.

La dimostrazione lampante che nella nostra società maschilista la strada della seduzione è quella più agile e veloce per raggiungere obiettivi, che vengono presentati dai mass media come straordinari traguardi e che viceversa rappresentano per la donna una mortificazione ed uno stato di permanente inferiorità.

Il Tempo 27 settembre 2007 Il Napoli 28 settembre 2007 Il Mattino 19 ottobre 2007

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Un triste primato

 

Gentile dottore,

la fine drammatica di un nostro soldato, originario di Gragnano, nell’inferno dell’Afghanistan ha riproposto una dolorosa circostanza alla quale i mass media, impegnati tra la cronaca delle serate di miss Italia e la difficile gestazione del Pd, non dedicano mai attenzione: la Campania fornisce oltre la metà delle reclute dell’esercito ed ha il più alto numero di reduci e di vedove di guerra, opps abbiamo sbagliato, di missioni di pace….

Un triste primato, specchio fedele delle drammatiche prospettive di lavoro dei giovani meridionali, ai quali oramai da tempo riesce difficile perfino guadagnarsi da vivere dietro al bancone di un bar o al nero, dieci ore al giorno,  in un cantiere fuori legge.

Se prima con la leva obbligatoria i giovani cercavano ogni sotterfugio per evitare la naia, oggi il miraggio di uno stipendio fa fare salti mortali e file notturne per presentare la domanda di arruolamento.

Una serie interminabile di missioni di pace… Libano, Somalia, Bosnia, Kosovo, Irak, Afghanistan, che permettono ad una miriade di disperati, originari di terre feraci rese aride dalla camorra, di Villaricca o di Qualiano, di Casavatore o di Frattamaggiore di sperare di poter realizzare un gruzzoletto e tornati a casa aprire un bar o poter coronare un sogno d’amore rimandato all’infinito per motivi economici.

Il nostro Lorenzo purtroppo il suo pegno d’amore con la madre dei suoi tre figlioletti lo ha potuto perfezionare soltanto con un allucinante matrimonio in articolo mortis, giusto per poter avere la pensione, dopo aver sacrificato vita e giovinezza alla furia devastante delle missioni di pace…

La Lanterna 1 ottobre 2007 – Libero 4 ottobre 2007

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Precisazione

 

Gentile dottor Gargano,

ero io quel prode... che come raccontato nella lettera oggi pubblicata ha provocatoriamente cambiato il nome di piazza Garibaldi in piazza 3 ottobre 1839, data di inaugurazione della ferrovia Napoli Portici, prima d'Italia seconda al mondo.

Volentieri avrei pagato un'ammenda per affissione abusiva, ma i vigili presenti viceversa mi hanno applaudito. L'evento è avvenuto in pieno giorno alla presenza di centinaia di persone e delle telecamere di numerose emittenti televisive e non era il 6 settembre bensì il 4 luglio bicentenario della morte di Garibaldi.

Erano presenti redattori della Repubblica e del Corriere, che avevano preparato dei servizi, non pubblicati per una velina giunta ai quotidiani a seguito della chiassata dei leghisti in Parlamento che vietava di parlare male dell'eroe dei due mondi.

Lasciando stare Garibaldi non bisogna essere neo borbonici per rimembrare le glorie di Napoli in confronto ai tristi record di oggi ed invito il Mattino a fare un servizio
sull'argomento, che merita di essere rammentato a tutti gli italiani.

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La seduzione dopo gli anta

 

Gentile dottore,

durante l’estate un libro di Januaria Piromallo Belle e d’annata ha furoreggiato dalle Alpi alla Sicilia in un’interminabile serie di affollate presentazioni da Capri a Cortina d’Ampezzo. Nell’agile volumetto vengono elargiti una serie di consigli per contrastare l’avanzata implacabile del tempo, un vero e proprio manuale di sopravvivenza per signore d’annata in lotta con rughe, cellulite e cedimenti vari e tremendamente ansiose che gli sguardi dei mariti convergano sempre più frequentemente verso le grazie generosamente esposte di ventenni in libera uscita.

Vengono sviscerati i segreti di creme miracolose ed enumerati i prodigi della chirurgia plastica, tutti rimedi che agiscono sull’aspetto fisico della donna, ma viene completamente trascurato l’aspetto psicologico della vicenda, che a mio parere può costituire l’asso nella manica.

Oggi la donna è sempre più aggressiva nei confronti del maschio, sia nei rapporti quotidiani, sia nell’approccio sessuale, una vera iattura che ha conseguenze nefaste sull’ardore e sulla virilità.

Una sana condotta che potrebbe dare buoni risultati è divenire col tempo sempre più remissive, dolci ed accattivanti. Lasciare alle ragazzine spavalderia e sfacciataggine e coltivare intensamente l’arte della carezza, la parola suadente e le glorie della culinaria.

La battaglia con le giovanissime sul piano della avvenenza fisica è irrimediabilmente perduto, colpa del nostro Dna, che impone categoricamente ai maschi di cercare le proprietarie di cromosomi nel pieno dell’attività, ma grazie a raffinate tecniche di seduzione, improntate sulla remissione e su una femminilità accomodante, le prede per le signore d’annata saranno numerose ed affezionate.

Il Giorno 3 ottobre 2007

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Bisogna salvare il San Carlo

 

Gentile direttore,

premetto che non sono un melomane, anzi rammento con angoscia gli anni in cui ero abbonato alla prima del San Carlo, con il caldo soffocante degli spettacoli primaverili, obbligato alla giacca ed alla cravatta ed ancor più con terrore i conti astronomici delle sartorie che rifornivano il guardaroba di mia moglie, convinta che nel tempio della lirica alle serate di gala una signora elegante non potesse giammai indossare due volte lo stesso abito.

Nonostante i tristi ricordi l’idea che il San Carlo possa chiudere mi fa semplicimente rabbrividire, non soltanto perché il nostro teatro è il più antico e tra i più belli al mondo, ma soprattutto, dopo l’olocausto dell’Ilva e la rapina del Banco di Napoli, la

 nostra città non può più perder fiori all’occhiello.

Erano tempi felici quando in soli sei mesi il San Carlo venne creato dal nulla, regnava Carlo III e non i nostri solerti amministratori che, con la favola del nuovo Rinascimento, hanno precipitato la nostra amata città a livelli di degrado inimmaginabili.

Il nostro Massimo, come tutti gli altri enti lirici italiani, soffre di una grave crisi economica provocata da numerosi fattori concomitanti e necessita dell’aiuto principalmente delle istituzioni, mancando quasi del tutto alle nostre latitudini il sostegno di sponsor privati. Né più né meno di quello che lo Stato ha fatto in soccorso di teatri meno importanti.

La lirica non può essere paragonata, come si è letto nei giorni scorsi su autorevoli giornali, alla lap dance o al gioco del calcio; affermazioni demenziali che si commentano da sole. La musica classica è cultura come la letteratura e la pittura e come le biblioteche, del tutto gratuite ed i musei deve poter vivere degnamente con l’aiuto dello Stato.

Si è messo in evidenza che lo spettatore di un’opera paga un biglietto che copre solo la decima parte dei costi, un dettaglio certamente non trascurabile. Non si può pretendere che il contribuente paghi il passatempo del ricco borghese e della sua signora, per cui quando, al più presto, ripianati i debiti, si potrà tornare ad una gestione ordinaria, bisognerà prevedere una serie di spettacoli semi gratuiti per studenti, operai, anziani, oltre che una particolare attenzione per i turisti, nei cui riguardi il fascino del San Carlo può giocare un ruolo fondamentale.

Per risanare la situazione bisogna cacciare i politici che hanno occupato il consiglio di amministrazione e poi usufruire dei servigi di un manager di valore internazionale.

Lo merita la città, ma soprattutto lo pretendono i napoletani.

Il Messaggero 21 ottobre 2007 – Il Brigante (come articolo) ottobre 2007

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Consigli al Padre eterno

 

Gentile dottore,

meditando sul problema della vecchiaia ho ipotizzato una soluzione, anche se mi serve una raccomandazione, perché per realizzarla ho necessità dell’aiuto di una persona molto importante e bisognerebbe aggiungere un aggiornamento alla creazione.

La senilità, anche la più devastante,  sarebbe molto più tollerabile se la vita si svolgesse all’incontrario cominciando dalla morte, che una volta superata non è più un problema e iniziando  decrepito, acciaccato ed un po’ rimbambito, ma pieno di speranze e con la certezza di un futuro migliore. Giorno dopo giorno le forze aumentano, i dolori scompaiono, le rughe si dileguano e possiamo lasciare l’ospedale o l’ospizio e ritornare a casa, non senza aver ritirato la pensione, che ci godiamo per svariati anni, ben più di quelli lavorativi (per godere di questo beneficio bisogna però vivere in Italia).

Quindi cominciamo a lavorare e subito, non al momento del congedo, i colleghi ci fanno un bel  regalo ricordo: una stampa antica o un orologio di marca. Per alcuni decenni lavoriamo di buona lena, divenendo sempre più giovani e pimpanti e quando cominciamo la scuola siamo nel fiore della fanciullezza. Oltre allo studio pratichiamo spesso e volentieri prima il sesso e poi il gioco.

Diventi sempre più piccolo fino a quando un bel giorno ti infili in un posto che hai imparato a conoscere come fonte primigenia del piacere. Ti trastulli per nome mesi al caldo, alternando lunghi sonni a brevi nuotate, in un ambiente tranquillo dove gli scocciatori non possono raggiungerti e finalmente concludi in tuo percorso terreno nel fremito interminabile di un orgasmo.

Libero 15 ottobre 2007

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Il lavoro precario: maledizione o necessità

 

Gentile dottore,

il lavoro precario è una maledizione per i giovani, i quali non hanno più punti fermi che permettano di fare progetti per il futuro: formarsi una famiglia, fare dei figli, comprarsi una casa con un mutuo, godere un domani della pensione.

Nei giorni scorsi anche il Papa ha fatto sentire la sua autorevole voce sul problema, ma purtroppo, più che lamentarsi del fenomeno, non è riuscito ad avanzare alcuna proposta risolutiva.

Molti credono che il lavoro precario sia una triste prerogativa dell’Italia, viceversa esso è una regola in tutti i paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti, dove la estrema mobilità del lavoro è considerata la ricetta dello sviluppo economico.

La scuola fino a quando il problema non avrà trovato una soluzione dovrà impegnarsi a fornire ai giovani una preparazione multidisciplinare, in previsione che, nel corso della vita, siano costretti più di una volta a cambiare completamente tipo di attività.

Lo Stato ed i sindacati devono impegnarsi ad elaborare e rispettare una legislazione che preveda la possibilità reale di licenziamento per giusta causa, allo scopo di sfatare il pregiudizio(in gran parte vero) che un datore di lavoro che assuma un dipendente lo debba assumere a vita. Bisogna convincersi che una strenua difesa del lavoro comporta una palpabile penalizzazione per chi lo cerca.

Gli economisti debbono spiegarci se la precarietà è una condizione favorevole dello sviluppo economico e prospettarci modelli alternativi, nei quali un maggiore rispetto dei diritti del lavoratore sia compatibile con un incremento della produzione.

I politici debbono recepire la gravità del problema e, coraggiosamente, proporre soluzioni anche contro i poteri forti, spesso sopranazionali e sempre onnipotenti. Il loro compito è il più gravoso e necessita di un grosso appoggio per evitare il senso di solitudine delle scelte decisive, in mancanza delle quali non esisterà un futuro, non solo per i giovani ma per la nostra civiltà.

Corriere della Sera – 23 ottobre 2007 – Il Napoli 24 ottobre 2007

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Santità, a Maronna ci accompagni

 

Gentile dottore,

Santità, Voi non avete consuetudine con il male, per questo non lo avete riconosciuto annidato nelle prime file in piazza del Plebiscito, tra politici corrotti e baciapile occasionali in gara per ricevere il sacramento dell’Eucarestia. Non vi siete avveduti del truce fariseo, abituale adoratore delle banche e del vitello d’oro, sceso dal Nord per l’ostia televisiva, della voce quequera che chiedeva insistentemente denaro per una sfortunata città, che ne ha sì bisogno, ma solo dopo un profondo rinnovamento spirituale, oppure l’ateo inveterato, nemico giurato della Chiesa salvo nelle occasioni eccezionali. Ed alle loro spalle premevano per il rito del baciamano eurotelevisivo amministratori corrotti, malversatori abituali, usurai incalliti, bestemmiatori immarcescibili e tutta quella feccia che ha portato la regione sul fondo del baratro.

Per l’occasione hanno ripulito il suo percorso, tolto cumuli di puteolente spazzatura, colmato voragini nelle strade, allontanato per poche ore scippatori e spacciatori, truculenti magnaccia e sguaiate prostitute.

In seconda fila vi era la Napoli vera che non le hanno fatto conoscere: i disoccupati cronici, i giovani senza futuro, i pensionati alla fame, i commercianti strangolati dal pizzo, i lavoratori al nero per 500 euro al mese, ma soprattutto la folla degli onesti costretti in un angolo dalla prepotenza dei vincitori.

Santità, Voi non avete potuto raccogliere il disperato grido di dolore degli abitanti delle periferie degradate, vedere le antiche chiese cadere in rovina, gli abusi edilizi ubiquitari, l’esercizio spietato della prevaricazione come regola di vita.

Santità, grazie per aver indicato la possibilità per Napoli di divenire punto di riferimento nel dialogo tra popoli e fedi diverse, Napoli, antica e gloriosa capitale, costretta al rango di capitale della monnezza e della malavita, Napoli dove per millenni lingue e culture aliene hanno sempre goduto di accoglienza e tolleranza.

Santità, Voi non ne avete bisogno, fate che l’augurio del cardinale: “A Maronna t’accumpagna” faccia da viatico per i napoletani nel lungo viaggio dal buio delle tenebre verso la luce.

Il Napoli 27 ottobre 2007

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Alta velocità in panne

 

Gentile dottore,

il futuro dell’Alta velocità in Italia è quanto mai precario tra scriteriate pretese degli ambientalisti e fratricide battaglie per dividersi i lucrosi appalti, ma il presente non è certo roseo e per sincerarsene basta anche un breve percorso come è capitato a me ed un gruppo di amici l’altro giorno.

Partenza da Napoli per Firenze. La tappa di Roma fa ben sperare, arriviamo con un minuto d’anticipo sul previsto, come annuncia con voce tronfia d’orgoglio il capotreno attraverso un assordante altoparlante. Allora va meglio di quando andava peggio? Ma la situazione cambia subito: nella sosta sale prima un venditore ambulante di bevande e panini tenuti in condizioni igieniche da brivido, poi un tossico a chiedere contributi per una dose ed una volta ripartiti, rimaniamo in compagnie di zingare che chiedono la carità.

Segnaliamo l’ultimo episodio al personale di bordo, che rifiuta di credere all’evidenza per coprire l’assoluta mancanza di controlli, ma la ciliegina è costituita dall’emissione di biglietti a prezzo normale senza garantire il posto a sedere, per cui una nostra amica è stata costretta per tutto il percorso a vagare attraverso i 12 vagoni senza potersi mai sedere neanche per un attimo se non sulla tazza del gabinetto

Corriere della Sera 30 ottobre 2007 – Il Napoli 3 novembre 2007

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Giustizia addio

 

Gentile dottore,

l’arrugginita macchina della giustizia rischia letteralmente di esplodere ed in questi ultimi giorni ha esalato gli ultimi rantoli disperati.

Tribunale civile: “ Per esigenze d’ufficio la data della prima udienza è differita al 15 febbraio 2012!”. Cassazione:” Occupare case altrui non è reato se si agisce in stato di necessità”. E tutto questo mentre Gip e pubblici ministeri fanno a gara per apparire… tra interviste con divulgazione di atti riservati e continue comparsate a tutte le ore sulle reti televisive.

Tenuto conto che la durata media dei processi civili ed amministrativi si misura in decenni, che i responsabili dei reati penali di più elevato allarme sociale come furti e rapine nel 90% dei casi non vengono identificati e quando anche lo sono, tra lungaggini, attenuanti, indulti e patteggiamenti solo in casi eccezionali trascorrono un po’ di tempo in galera, sarebbe opportuno e coraggioso che si dichiarasse bancarotta.

Le liti civili potrebbero essere risolte con gli arbitrati e per il penale potrebbe ripristinarsi l’uso della faida. Già oggi per le controversie in denaro ci si rivolge sempre più alle camere di conciliazione e per i torti più gravi in metà del Paese si chiede soddisfazione ai mammasantissima.

Solo per carità di patria non abbiamo accennato alle motivazioni delle sentenze di centinaia di pagine dal linguaggio aulico e forbito come nell’Ottocento, quando la stesura era un genere letterario ed alla possibilità per i cittadini di ottenere dallo Stato una penale di mille euro per ogni anno trascorso dopo i cinque in un processo, da quando le Corti di Giustizia europee hanno ripetutamente stigmatizzato il funzionamento della nostra magistratura.

La colpa dello sfascio va equamente distribuita tra politici e giudici, ma anche i cittadini hanno la loro parte, sia perché tollerano questo andazzo vergognoso che per la loro proverbiale litigiosità (In Inghilterra nel 2006 sono state trattate 110.000 cause penali e 40.000 civili, mentre in Italia siamo sui 4 milioni).

Corriere del Mezzogiorno 10 novembre 2007

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Lavorare è necessario?

 

Gentile dottore,

il progresso scientifico e l’automazione negli ultimi anni hanno fatto sì che, con una quota minore di lavoro, si riesca a produrre una maggiore quantità di beni e servizi, una cosa certamente positiva che nel tempo potrà liberare l’uomo dalla maledizione biblica di essere costretto con gran sudore a procacciarsi il necessario per vivere.

Paradigmatico è l’esempio di quanto produce un contadino americano ed uno africano: il primo grazie ai fertilizzanti, alla cospicua irrigazione ed all’uso di macchinari riesce a produrre quanto cento dei suoi colleghi africani, per cui, ipotizzando che in futuro anche loro potranno usufruire degli stessi accorgimenti, fra non molto il lavoro di uno solo potrà bastare a produrre il cibo per gli altri 99, i quali potranno anche non lavorare, se però colui che produce sia disposto a dividere con gli altri il frutto del suo lavoro. E qui nascono le difficoltà forse insormontabili per l’egoismo dell’uomo, probabilmente bisognerà creare una rotazione nel lavoro: un giorno ogni cento. Una prospettiva allettante che invita però alla meditazione sulla sua fattibilità, dopo che per anni abbiamo ascoltato l’utopico slogan “lavorare meno lavorare tutti”.

In numerosi altri campi la riduzione del lavoro è stata massiccia, mentre il prodotto ha continuato ad aumentare senza sosta, riuscendo a soddisfare gli scriteriati bisogni crescenti di una civiltà dominata dall’imperativo categorico di consumare, consumare ed ancora consumare.

Non è ipotesi fantascientifica immaginare un mondo nel quale il lavoro non sarà necessario ed i beni ed i servizi necessari saranno realizzati dalle macchine e dai robot.

Il problema drammatico sarà costituito dalla distribuzione dei prodotti, venuto meno anche l’uso del denaro o quanto meno del modo per procacciarselo al quale siamo abituati. Ed a complicare ulteriormente il quadro vi è il moloch della globalizzazione, che annulla le decisioni e le volontà non solo dei cittadini, ma degli stessi Stati, impotenti davanti al potere cieco delle multinazionali.

Potremo in futuro, quanto prima,  liberarci dal fardello del lavoro, ma dovremo affrontare e risolvere una serie di non facili problemi:  distribuire equamente la ricchezza e creare una reale uguaglianza tra nazioni e cittadini.

Un compito arduo ed affascinante che dovrà essere l’obiettivo delle nuove generazioni.

Il Napoli 14 novembre 2007 – Il Golfo (come articolo) 14 novembre 2007 – Orizzonti Nuovi 22 novembre 2007 (come articolo) Il Mattino 15 dicembre 2007

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Scegliere il candidato

 

Gentile dottore,

finalmente i partiti pare abbiano compreso che il sistema elettorale attuale va cambiato prima di sciogliere il governo ed indire una nuova consultazione.

La minaccia dell’incombente referendum è il migliore consigliere in grado di smussare opinioni differenti ed insani appetiti.

I modelli che raccolgono i maggiori consensi sono quello tedesco e quello spagnolo con modifiche per adattarlo alla situazione politica italiana, in maniera tale che non vi siano più pareggi e chi vince, anche se di misura, è in grado di governare.

Ma tutti i politici debbono aver presente che gli Italiani non hanno digerito la truffa degli onorevoli imposti dall’alto e dell’abolizione delle preferenze. Nel nuovo sistema elettorale, qualunque esso sia, i candidati devono avere il gradimento degli elettori e non delle segreterie dei partiti, è l’unica riforma veramente necessaria, lo impone la creanza, la pretendono imperiosamente i cittadini.

Il Mattino 7 dicembre 2007

 

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Suoni assordanti: dal mantra ai metallari

 

Gentile dottore,

il mantra è un suono particolare in grado di liberare la mente dai pensieri, una scoperta che si perde nella notte dei tempi codificata già nell’induismo e nel buddismo. Esso consiste nella ripetizione ossessiva di sillabe, lettere o frasi allo scopo di allontanare la mente dalla realtà dei sensi e di indurre una notevole concentrazione.

Questo particolare tipo di cantilena è stato pienamente recepito dal cristianesimo, che ne ha fatto il modo migliore per raggiungere l’estasi attraverso i ritmi incessanti della preghiera. Quasi nessuno può resistere alla ripetizione maniacale per ore di un rosario o di altre giaculatorie se la cadenza è sempre uguale, martellante ed ossessiva. Se vi è poi  uno stato d’animo particolarmente predisposto è consequenziale cadere in trance od avere visioni.

Di queste originali e poco indagate proprietà della mente hanno fatto tesoro intuitivamente stregoni e generali, i primi per comandare la tribù, i secondi per mandare al macello la fanteria al suono ritmico di un tamburo.

Anche l’ipnosi induce il sonno attraverso una frase sussurrata o la visione di un pendolo ciondolante e tutti i riti magici giocano sull’estenuante ripetizione di formule e parole propiziatorie.

Una frase o anche una preghiera replicata cento volte perde, ripetizione dopo ripetizione, il suo significato originale, per trasportare la mente in un non luogo dove il ragionamento cede all’irrazionalità e dove la sensibilità subisce una prodigiosa amplificazione; è facile cadere allora in preda alla volontà altrui e rimanerne soggiogati.

L’ultima perversa applicazione di questo assemblaggio di suoni assordanti è costituita dalla musica metallica, che possiede numerosi seguaci tra giovani trasgressivi amanti del dark e dal cervello strizzato.

Il Napoli 28 novembre 2007 – Il Mattino 23 dicembre 2007

 

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La prova del seno

 

Caro Ettore,

mi permetterai una breve quanto pubblica chiosa al prosperoso, ma purtroppo finto, seno della professoressa Anna Ciriani, che tu giustamente glorifichi e proponi alla pubblica ammirazione.

La chirurgia plastica trionfa senza limiti, ma spesso  è riconoscibilissima a grande distanza, come nel caso del  giunonico seno della nostra Anna, la quale ha voluto strafare chiedendo un numero 7, una misura che in natura non esiste, per cui si respira un’aria di mistificazione durante le sue spavalde passeggiate.

Naturalmente disposto a fare pubblica ammenda se la gentile professoressa alla prova del tatto mi dimostri che mi sbaglio.

Frangipane e le sue vignette 10 novembre 2007                

 

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Il trionfo del paganesimo

 

Gentile dottore,

l’approssimarsi delle feste natalizie con la corsa al regalo ed alla spesa inutile, nonostante la crisi economica, è lo specchio fedele di un mondo ritornato pagano alla ricerca spasmodica del fatuo e nel quale sentimenti e rapporti sociali si inaridiscono sempre più, mentre tutti, drogati dal consumismo, trasformano questo magico momento in un rito di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti sfrenati ed una idolatrica adorazione del dio denaro.

Le nuove divinità alle quali prostrarsi sono le icone di una civiltà decadente ed impazzita e vanno dalle veline ai calciatori, dai cantanti pop ai piloti di formula uno, quando non sono addirittura efferati boss della camorra, immortalati sui display dei telefonini.

Se saliamo di livello sociale e culturale la situazione poco cambia perché gli idoli e gli esempi da seguire sono rappresentati da protagonisti, occidentali ed orientali poco conta, del nostro immaginario: Budda, Bacco, Eros, Ulisse, Amleto, Apollo, le nove Muse, Don Chisciotte, Don Giovanni, Anna Karenina, Emma Bovary, mentre Venere, Minerva e Diana sembrano del resto vivere in mezzo a noi, attualmente, come nei dipinti dell’Umanesimo e del Rinascimento.

Dovremmo approfittare invece di questi giorni in cui studio e lavoro presentano una pausa per riunire le famiglie, sempre più spesso separate e per santificare la festa, aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando di comprendere le ragioni degli altri.

Solo così potremmo contrastare una tendenza che sembra inarrestabile, il trionfo dell’immanente sul trascendente, del profano sul sacro, della vacuità sulla sostanza e soltanto allora il presepe ed altri simboli religiosi diverranno il suggello dell’amore familiare e della concordia sociale e, nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un mondo felice perduto da riconquistare.

Il Tempo 27 novembre 2007 Il Napoli 5 dicembre 2007 – Il Mattino 22 dicembre 2007 – La nostra Gazzetta (come articolo) 20 dicembre 2007

 

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Lettera aperta alla professoressa Anna Ciriani

 

Gentile signora,

i nostri sono tempi contrassegnati da una grande libertà di pensiero e di azione, anche se alcune regole dovrebbero ancora avere un significato, ad esempio andare per le strade vestiti e per chi ha un ruolo pubblico mantenere un decoro superiore ai comuni cittadini.

Non vogliamo, pur non essendo bacchettoni, vedere, pubblicamente esposte, le pudenda di un procuratore della Repubblica o di un generale dei carabinieri. Parimenti ci darebbe fastidio una monaca scollacciata o una sindaca versione nature.

Il ruolo dei professori è decaduto, ma non al punto da vedere senza imbarazzo una preside in topless o un accademico in tenuta adamitica.

Naturalmente per coloro che vogliono esporre le loro fattezze intime alla pubblica ammirazione esistono luoghi idonei dove esprimersi ed eventualmente farsi apprezzare.

Anche l’aspetto estetico ha una sua rilevanza non trascurabile: una donna vecchia e brutta è, a mio sommesso parere, più riprovevole di una fanciulla nel fiore della gioventù, che ci offre la vista di grazie ben esposte e di dimensioni lusinghiere.

Ho pubblicamente messo in dubbio la veridicità del tuo seno, troppo prorompente e giunonico per essere vero (naturalmente disposto a fare pubblica ammenda se  alla prova del tatto mi dimostri che mi sbaglio), ma in compenso il tuo corpo è ben tornito, acconcio ed appetibile, il tuo sorriso smagliante e da esso sprizza una gioiosa voglia di vivere e di trasgredire.

Le tue spavalde passeggiate sono la rivoluzione che preferiamo,  provocano salutari sferzate per ben pensanti e moralizzatori, ma ascolta un mio consiglio: lascia l’insegnamento a qualche supplente in trepida attesa, probabilmente racchia ed affetta da sindrome ittiopriva e lanciati a petto in fuori… a combattere i falsi difensori delle tradizioni, la tua arena è il mondo, il compito che ti è stato assegnato è stuzzicare i nostri sopiti desideri.

Completa la tua opera ed esaudisci anche oggi il nostro desiderio quotidiano.

Il Brigante novembre 2007 (come articolo)

 

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Presepe contro albero di Natale, una sfida memorabile

 

Gentile dottore,

da tempo è in atto una guerra silenziosa verso la tradizione millenaria del presepe, in nome di un multiculturalismo abietto e fuori luogo. I grandi magazzini non vendono più i caratteristici pastori, con la scusa di una richiesta diminuita e va sempre più di moda l’albero di Natale, una usanza nordica che incontra sempre più adesioni.
Le due espressioni sono lo specchio di due diverse concezioni religiose: quella monoteista e quella animista. Infatti mentre il Bambinello ci ricorda il messaggio di pace e la buona novella, l’albero ci rammenta il periodo nel quale tutti noi vivevamo nelle grandi foreste.

Mettere insieme i due simboli è un modo corretto per conciliare tradizioni religiose differenti.
Nel presepe si rappresenta il momento culminante dell’amore di Giuseppe e Maria verso il loro fragile figlioletto, destinato in breve tempo a cambiare il mondo ed è triste constatare come, drogati dal consumismo, abbiamo trasformato questo magico momento in un rito di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti frenetici ed una idolatrica prostrazione al moloch dell’euro.

Anche il rito dell’albero, che vuole rammentarci il nostro passato nei boschi, quando le piante ci fornivano riparo dalle intemperie e grande messe di frutti deliziosi, è stato trasformato in un  feticcio luccicante colmo di doni inutili e costosi. Senza tener conto della orrida strage di piccoli abeti sacrificati al dio Natale, una gigantesca legnificina che ci fa pensare ad Erode ed alla sua sete di sangue e di morte.
Approfittiamo di questi giorni in cui studio e lavoro presentano una pausa per riunire le famiglie, sempre più spesso separate ed a santificare la festa aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando di comprendere le ragioni degli altri.

Il presepe diverrà in tal modo il simbolo dell’amore familiare e della concordia sociale e, nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un mondo felice perduto da riconquistare.

Il Mattino 13 dicembre 2007

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Pensieri sul tempo

 

Gentile dottore,

il tempo scandisce la vita dell’uomo e di tutto l’universo, inesorabilmente, imprime le rughe sul volto, tinge i capelli di bianco, increspa i muri, sgretola le rocce, corrode il ferro, fa appassire i fiori e marcire la frutta, è alla base del triste destino di tutti i viventi: il disfacimento. Una forza invisibile ed implacabile che non si ferma mai ed a cospetto della quale il percorso della nostra vita è meno che un’inezia.

L’umanità è in cammino da decine, forse centinaia di migliaia di anni e la nostra vita ne rappresenta una minuscola particella; immaginiamo di andare avanti nel tempo al 1 giugno (giorno della mia nascita…) del 2133, sarà una domenica, un giorno che non mi sarà concesso di vedere, ma non sarò il solo, non lo vedranno nemmeno i neonati, né alcuno dei sette miliardi che attualmente abitano la Terra, né quelli che nasceranno domani o fra un mese o anche fra dieci anni. Se ci spostiamo indietro nel tempo al 17 marzo  del 1861(proclamazione del regno d’Italia) ci troviamo di nuovo, in un giorno, così importante per la nazione nella quale viviamo, che nessuno di noi ha vissuto.

Meditando su queste due date così lontane se rapportate alla durata della vita dell’uomo, ma così insignificanti rispetto all’eternità, ci assale un senso di angoscia e di sgomento.

Affacciati per un trascurabile periodo al palcoscenico dell’universo provenienti da un  misterioso silenzio, precipitiamo rapidamente in un altro silenzio ancora più infinito.

L’intervallo tra questi due silenzi è il breve cammino della nostra vita.

Corriere del Mezzogiorno 30 dicembre 2007

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Vulcano buono, ma con chi?

                       

Gentile dottore,

un nuovo, ennesimo, faraonico centro commerciale è stato aperto alle porte di Napoli, con il solito codazzo di potenti all’inaugurazione e con il consueto plauso dei mass media, amplificato dal progetto di Renzo Piano e dalla benedizione del premier.

Stranamente in Campania, mentre le industrie e le poche attività produttive languono in stato comatoso, i templi del consumo fioriscono senza sosta. Non si capisce da dove dovrebbero provenire i soldi da spendere se non si crea più ricchezza, ma la civiltà dei consumi pare abbia trovato la soluzione attraverso l’abuso perverso del credito e della rateizzazione, convincendo lo stolto consumatore che l’importante è acquistare anche cose inutili, a pagare vi è sempre tempo.

E mentre si glorificano i nuovi posti di lavoro indotti dai nuovi centri commerciali nessuno calcola la chiusura continua di negozi e botteghe con disoccupazione indotta in ragione di numeri dieci volte superiori.

E mentre il traffico si strozza sulle autostrade alle porte di Napoli e nei fine settimana si paralizza completamente, le vie del centro si desertificano, vanificando le occasioni di incontro e stravolgendo la stessa filosofia con cui sono state costruite le nostre città, senza che il consumatore ne tragga un reale vantaggio, a differenza di questi colossi della distribuzione, spesso di proprietà straniera e sempre collusi con il potere politico che elargisce le licenze e la camorra che gestisce i terreni.

Mai pubblicato

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La fine della vita

 

Gentile dottore,

“Nulla si crea e nulla si distrugge” è uno dei paradigmi della scienza ed anche il nostro corpo dopo la morte, disintegrandosi, ritorna nella terra e restituisce le sostanze della sua materialità. Ma i nostri pensieri, i dolori, le speranze, la felicità, gli smarrimenti, le malinconie, i ricordi, i desideri, gli affetti, non vogliamo dire la nostra anima, dove finiscono? Se nulla si distrugge, se la nostra misera carcassa continua ad esistere trasformandosi, perché ciò che a noi continua a sembrare immateriale dovrebbe scomparire.

Una modesta radio a transistor è in grado di captare le voci provenienti dall’altro emisfero terrestre, ci permette di ascoltare un monologo di Amleto recitato a New York o il ritmo di una frenetica danza brasiliana da Rio,  il cervello dell’uomo è la cosa più prodigiosa che vi sia nell’universo, perché non possiamo credere che esso  possa afferrare i nostri sentimenti, che vagano nello spazio dopo la nostra morte? Un bambino che oggi nasce potrebbe raccogliere un messaggio di uno sconosciuto che chiude la sua esistenza e gli lascia in eredità le sue inquietudini, le sue speranze, le sue gioie ed i suoi dolori.

Milioni di uomini di antiche e sagge civiltà, hanno creduto e credono a questa possibilità, anche noi possiamo crederlo, sperarlo, temerlo.

Sono pensieri che ci danno l’idea della nostra miseria e della nostra nobiltà: sperduti nell’infinita immensità degli spazi, destinati a vivere un lampo a confronto dell’eternità, non riusciamo a credere che la nostra coscienza si sia accesa per caso, a contemplare un universo ostile o quanto meno indifferente al nostro destino.

Il Resto del Carlino 3 gennaio 2008

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La fine del denaro

 

Gentile dottore,

l’automazione, i computer, i robot quanto prima libereranno l’umanità dal fardello del lavoro ed anche il denaro, ad esso collegato, andrà in soffitta dopo millenni di baratti e secoli di moneta.

Sarà la più rivoluzionaria delle rivoluzioni alla quale non siamo assolutamente preparati, affezionati come siamo a quei  simpatici pezzi di carta, sporchi e stropicciati che sono i soldi. Li desideriamo ardentemente, li conserviamo come reliquie nel portafoglio, per averli facciamo qualsiasi cosa, anche lavorare come matti per tutta la vita, per averne di più siamo disposti a tradire un amico, a scavalcare un debole, ad ingannare un avversario.

Crediamo ciecamente che con il loro possesso si possa comperare tutto ciò che si desidera: oltre a vestiti, auto, cibo ed oggetti lussuosi anche il favore degli altri, l’onestà delle donne, la giustizia degli uomini, la coscienza del prossimo.

Se non ne abbiamo la gente ci guarda con insofferenza e con disprezzo, mentre se mostriamo di averne tanto tutti si dimostrano amici.

Dimentichiamo che il denaro non ci permette di acquistare né la salute, né l’amore, né la vera amicizia e neppure la serenità. Con il loro possesso ci procuriamo soltanto l’invidia della gente, l’unica cosa di cui faremmo volentieri a meno.

Il Mattino 4 febbraio 2008

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La fine del lavoro

 

Gentile dottore,

attualmente il mondo è dominato dallo strapotere delle multinazionali, i governi, anche degli Stati più importanti, sono costretti all’ordinaria amministrazione, i popoli credono di vivere in una democrazia e di essere arbitri del loro destino, viceversa, contano poco più che nulla.

I capitali vagano senza patria alla ricerca della migliore rendita, il lavoro si sposta lì dove la manodopera è più a buon mercato, le merci si indirizzano solo e soltanto dove vi sono consumatori in grado di acquistare, mentre una martellante ed onnipresente  pubblicità ci convince di sempre nuovi bisogni e ci  invita a consumare oltre ogni limite, distruggendo l’ambiente ed esaurendo le risorse del pianeta.

In questo panorama non proprio rassicurante assistiamo impotenti alla fine del lavoro sostituito dall’automazione, dai computer, dai robot, mentre la disoccupazione raggiunge quote record in tutto il mondo ed aumenta incessantemente, anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno.

Quando a breve il lavoro sarà scomparso verrà meno anche l’uso del denaro o quanto meno le merci ed i servizi non dovranno remunerare certo il macchinario che le ha prodotte.

Le multinazionali saranno ancora più padrone della nostra esistenza, perché possiederanno tutti i prodotti senza aver dovuto sborsare né stipendi né salari.

Potranno tenerli per sé, novelli Paperon de Paperoni od elemosinarli a coloro che si prostreranno al loro incontrastato dominio planetario.

Non si tratta di fantascienza, ma di un semplice ritorno al passato, la storia infatti ci insegna che numerose antiche civiltà non conoscevano il lavoro, che veniva lasciato a moltitudini di schiavi, mentre pochi privilegiati si dividevano tutte le ricchezze. Anche i civilissimi…Stati Uniti d’America, patria delle multinazionali, fino a pochi secoli fa, usufruivano di milioni di schiavi razziati da tremendi negrieri e costretti a lavorare senza sosta in sterminate piantagioni.

Cosa può fare un cittadino, uno di noi, una minuscola molecola nel gigantesco villaggio globale, per cercare di opporsi all’attuarsi di questo allucinante futuro, cercando di cambiare il nostro destino e di trasformare la fine del lavoro in una circostanza positiva, nella quale tutti i popoli possano avere un eguale accesso ai beni prodotti e godere degli stessi diritti?

Ben poco, purtroppo, ma bisogna tentare, innanzitutto prendendo coscienza della gravità della situazione, adoperando la spuntata arma del voto, e soprattutto cercando di opporsi allo strapotere della società dei consumi.

Il Tempo 22 dicembre 2007 – Il Mattino 21 febbraio 2008

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Una proposta allettante

 

Gentile dottore,

mentre l’ infinita emergenza dei rifiuti in Campania prosegue imperterrita, esaltata dai mass media e senza che le istituzioni prendano veri provvedimenti per risolverla, vorrei portare all’attenzione generale una potenziale soluzione, definitiva, attuabile in tempi molto brevi e senza necessità di investimenti. Basterebbe soltanto la buona volontà dei politici.

Poco prima dell’estate una società americana, Geoplasma,  leader mondiale nella gestione dei rifiuti, inviò un suo emissario a Napoli che mi contattò, ritenendomi un esperto del settore, sull’onda di una segnalazione del mio libro Monnezza viaggio nella spazzatura campana (consultabile sul web) che era stato recensito sulle pagine di alcuni quotidiani oltre oceano.

Mi pregarono di interessarmi a far conoscere una loro proposta quanto mai allettante: realizzare in 18 mesi uno stabilimento per la vaporizzazione dei rifiuti con  un investimento da parte loro  di 200 milioni di dollari, adoperando una tecnologia modernissima basata su una torcia al plasma in grado di disintegrare completamente qualsiasi sostanza.

Una possibilità straordinaria in grado non solo di risolvere drasticamente il problema, ma di smaltire anche in breve tempo gli enormi arretrati di una regione assediata da milioni di tonnellate di rifiuti.

Ho inviato la proposta al ministero ed al commissariato, ma attendo ancora un riscontro.

Spero che con l’aiuto dell’opinione pubblica si possa accelerare la risposta da parte di chi ha la responsabilità della gestione del problema che, dopo aver superato da tempo il livello di guardia, sembra non abbia soluzione.

Il Riformista 4 gennaio 2008 – La Repubblica (nazionale) 6 gennaio 2008 – Il Brigante (come articolo) dicembre 2007 – Il Mattino 19 gennaio 2008

 

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Una proposta sensata

 

Gentile dottore,

la provocazione di Giuliano Ferrara che, in concomitanza dell’approvazione da parte dell’Onu di una moratoria sulla pena di morte, ha proposto una sosta di meditazione anche sull’aborto non ha avuto da parte dei mass media l’attenzione che meritava. Come si può gridare che nessuno tocchi Caino, mentre si persevera nel legalizzare l’eliminazione di tanti Abele? Come si può continuare ad ignorare ed a tacere?

Probabilmente i giornali, oramai asserviti al potere, temevano di provocare ulteriori difficoltà al governo, da tempo in coma irreversibile, aprendo un dibattito sulla legge 194 da sempre argomento di dissidio tra laici e cattolici.

Ma non bisogna aver paura di parlare e qualche considerazione voglio farla nella veste di addetto al settore da oltre 35 anni, più volte colpito ma non ancora abbattuto sempre in prima linea, e non nella comoda retroguardia dalla quale pontificano politici, opinionisti, medici e bioetici.

La legge italiana è tra le più permissive del mondo e prevede la possibilità dell’aborto in qualsiasi momento della gestazione ove mai “siano accertate malformazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”(art 6). Ciò significa che l’interruzione in teoria potrebbe essere attuata anche al nono mese di gestazione, ma in questo caso il termine più adatto è, senza ombra di dubbio, quello di infanticidio. Stabilire categoricamente un termine ultimo mi pare assolutamente necessario, soprattutto alla luce degli sviluppi delle tecniche di rianimazione, che permettono di tenere in vita un feto di 22 - 23 settimane

Negli anni Settanta quando fu varata la legge in Italia ed in molte altre nazioni europee il problema demografico era assillante, mentre ora la crescita delle popolazioni occidentali è ampiamente deficitaria per cui bisogna porre in atto con urgenza dei validi correttivi, pena il tracollo della nostra civiltà nell’arco di 2 – 3 generazioni.

Bisogna garantire una presenza paritaria nei consultori di operatori laici e cattolici, affinché l’interruzione non sia la scelta obbligata, garantendo fondi al movimento per la vita ed ai centri di assistenza che sconsigliano il ricorso all’aborto.

Le tecniche di interruzione farmacologica della gravidanza sono una realtà attuata in tutto il mondo salvo in Italia e la 194 dovrebbe accogliere e codificare una metodica ben accetta dalle donne.

Mai pubblicato

 

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Di nuovo polemiche sull’aborto

 

L’irruzione della polizia al policlinico di Napoli mentre si svolgeva un’interruzione di gravidanza alla 21° settimana (5mesi) e la provocazione di Giuliano Ferrara che, in concomitanza dell’approvazione da parte dell’Onu di una moratoria sulla pena di morte, ha proposto una sosta di meditazione anche sull’aborto ed ha predisposto delle liste per le prossime elezioni ha riacceso le polemiche ed il dibattito sulla legge 194.

Giuliano Ferrara ha sottolineato l’assurdità di una battaglia a difesa della vita di un pluriomicida pericoloso, mentre milioni di innocenti, che hanno la sola colpa di essere non desiderati, vengono eliminati ogni anno senza pietà. Come si può gridare che nessuno tocchi Caino, mentre si persevera nel legalizzare l’eliminazione di tanti Abele? Come si può continuare ad ignorare ed a tacere?

Il suo scontro televisivo con Pannella è stato memorabile: da un lato il vecchio digiunatore dalla mente annebbiata, che farneticava frasi senza senso e senza costrutto, dall’altro lo stringente ragionamento di Ferrara dalla logica spietata, che chiedendo provocatoriamente una moratoria sull’aborto, metteva in crisi il falso moralismo dei laici e la penosa ipocrisia del pensiero postkantiano.

Non bisogna aver paura di parlare e qualche considerazione voglio farla anche io nella veste di addetto al settore da oltre 35 anni e non nella comoda retroguardia dalla quale pontificano politici, opinionisti, medici e bioetici.

La legge italiana è tra le più permissive del mondo e prevede la possibilità dell’aborto in qualsiasi momento della gestazione ove mai “siano accertate malformazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”(art 6). Ciò significa che l’interruzione in teoria potrebbe essere attuata anche al nono mese di gestazione, ma in questo caso il termine più adatto è, senza ombra di dubbio, quello di infanticidio. Stabilire categoricamente un termine ultimo mi pare assolutamente necessario, soprattutto alla luce degli sviluppi delle tecniche di rianimazione, che permettono agevolmente di tenere in vita un feto di 22 - 23 settimane

Negli anni Settanta, quando fu varata la legge in Italia ed in molte altre nazioni europee, il problema demografico era assillante, mentre ora la crescita delle popolazioni occidentali è ampiamente deficitaria per cui bisogna porre in atto con urgenza dei validi correttivi, pena il tracollo della nostra civiltà nell’arco di 2 – 3 generazioni.

Bisogna garantire una presenza paritaria nei consultori di operatori laici e cattolici, affinché l’interruzione non sia la scelta obbligata, garantendo fondi al movimento per la vita ed ai centri di assistenza che sconsigliano il ricorso all’aborto.

Le tecniche di interruzione farmacologica della gravidanza sono una realtà attuata in tutto il mondo salvo in Italia e la 194 dovrebbe accogliere e codificare una metodica ben accetta dalle donne.

E vorrei completare queste brevi considerazioni riportando il finale del mio libro sull’argomento scritto nel 1978 all’indomani dell’approvazione della legge 194:”Lo sviluppo demografico indiscriminato della popolazione mondiale rappresenta senz’altro il più grosso pericolo che incombe oggi, come una spada di Damocle, sull’umanità e ne pregiudica, se non risolto adeguatamente, ogni possibilità di sviluppo futuro. La soluzione di questo problema, oltre che nella buona volontà degli uomini è incentrato nella diffusione capillare e nello sviluppo di tutte le metodiche contraccettive attualmente conosciute e nello studio di nuove sempre più semplici ed efficaci.

In attesa che tale auspicio venga realizzato esiste però il dramma quotidiano dei singoli individui e delle nazioni, soprattutto del terzo mondo, afflitte dalle disuguaglianze sociali, dalla povertà, dall’ignoranza, dai tabù.

L’aborto rappresenta a volte la soluzione temporanea di molti di questi problemi, ma rappresenta sempre il frutto di una decisione sofferta ed a volte traumatizzate.

La scienza e la politica devono lavorare insieme per dare a tutte le coppie la possibilità di programmare con serenità la propria vita riproduttiva, così che, in un futuro speriamo prossimo, ogni bambino che nascerà sarà stato desiderato ed atteso con amore e possa vivere la sua vita con il rispetto e la dignità dovuti ad ogni essere umano.

Quaderni radicali febbraio 2008

 

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Napoli affonda si salvi chi può

 

Gentile dottore,

per giorni e giorni tutti i giornali del pianeta hanno dedicato la prima pagina a Napoli che affoga sepolta dai rifiuti, ma nessuno si è chiesto il perché di un’attenzione mediatica

ossessiva e tutto sommato fuori luogo. Ma la spiegazione è a livello inconscio: Napoli è l’immagine premonitrice di un futuro quanto mai vicino, quando, se non si frena una civiltà basata su un consumismo sfrenato ed irrazionale, tutte le città del mondo saranno sommerse dai rifiuti ed avvelenate dai gas emessi da automobili ed  inceneritori.

Napoli è il laboratorio dove si accavallano  una serie di tematiche che da tempo hanno raggiunto e superato il livello di guardia, ma che interessano tutti i contemporanei: traffico, disoccupazione, delinquenza organizzata, smaltimento dei rifiuti, abusivismo, ecc.

Gli Italiani sono stati alla finestra senza muovere un dito, anzi rincarando la dose attraverso il disprezzo. Non si è voluto affrontare il problema della delinquenza e questa è dilagata come un cancro, aggredendo il tessuto sano, non si voluto contrastare il business della falsificazione e tutta l’Europa è oramai invasa da griffe fasulle e marchi contraffatti, non si fa niente per risolvere alla radice il dramma dei rifiuti ed il miasma comincia a dilagare lontano e lo spettro di una crisi generale comincia ad essere un’ipotesi plausibile.

Le recenti puntate di Porta a Porta, protrattesi fino a notte fonda, sono state lo specchio di una situazione insostenibile: da un lato gli ospiti in studio, comodamente in poltrona, elegantemente vestiti a discutere forbitamente, mentre le telecamere inquadravano un’umanità lacera, abbandonata da tutti, che gridava disperata la sua rabbia e le sue paure, respirando la puzza delle discariche ed inalando la micidiale diossina.

Tutti quelli che si meravigliano che la città non sia ancora precipitata nei gorghi del baratro inabissandosi, dimenticano che rimane ancora miracolosamente a galla, aggrappata alla sviscerata devozione dei suoi abitanti che l’amano perdutamente e per il ricordo, mai sbiadito di millenni di cultura, civiltà e nobili tradizioni.

Ma state attenti perché se dovesse veramente affondare creerà un gigantesco risucchio e trascinerà con sé negli abissi tutto quello che la circonda per larghissimo raggio e nessuno si salverà.

Il Riformista 15 gennaio 2008 – Il Mattino 27 gennaio 2008 – Orizzonti nuovi (come articolo) 28 gennaio 2008

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Attenti a non smaltire la salute

La forza della verità

 

Gentile dottore,

chi racconta la verità non ha mai paura di quel che dice perché sa di trovare il miglior ascoltatore nel cuore stesso dei suoi nemici. Seguendo questa massima proviamo a riepilogare la questione dei rischi collegati all’uso dell’inceneritore.

Ha fatto scalpore la dichiarazione pubblica di Umberto Veronesi, il quale ha candidamente affermato che il ricorso agli inceneritori non desta alcuna preoccupazione per la salute!

Conoscendo l’uomo, possiamo essere sicuri della sua buona fede, avendolo ascoltato nella sua veste di oncologo pochi giorni fa ad un convegno, possiamo confermare che non è ancora rimbambito, allora come si spiega tanta sicurezza mentre la letteratura scientifica più avvertita mette in guardia sui rischi rappresentati dalle nano particelle, quelle sostanze che le normali apparecchiature non riescono a dosare?

Queste microsostanze sono sospettate di essere agenti patogeni ben più rischiosi di diossina e furani, le cui concentrazioni nel sangue degli abitanti vicini agli impianti, sembrano al momento, per inceneritori di ultima generazione, abbastanza rassicuranti.

Viceversa queste nano particelle, essendo di dimensioni simili ai virus, se inalate, penetrano in circolo e possono dar luogo a mutazioni genetiche.

Siamo stanchi di una campagna di stampa a senso unico tesa a rassicurare i cittadini, non vogliamo più leggere quotidianamente sulla più grande testata del sud, pseudo professori, privi di qualunque autorità internazionale, che pontificano su una materia della quale non hanno alcuna esperienza.

Siamo scandalizzati che un famoso professore austriaco venga invitato in pompa magna a nostre spese dal rettore ad un dibattito nell’aula magna dell’università, il quale beatifica l’incenerimento, non accetta domande dal pubblico, dopo un giorno diventa consulente della regione Campania (sempre a nostre spese) e pare sia legato alle industrie che costruiscono i termovalorizzatori.

Siamo sconcertati che la raccolta differenziata, che produrrebbe ricchezza e lavoro ancora non parta.

Siamo umiliati che l’emergenza rifiuti si aggravi giorno dopo giorno senza che nessuno riesca a porre rimedio.

Il Napoli 26 gennaio 2008 Il Brigante (come editoriale) gennaio 2008

 

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Provvedimenti urgenti per turismo e prodotti tipici campani

 

Gentile dottore,

la crisi dei rifiuti rimbalzata sui giornali di tutto il pianeta ha provocato danni devastanti all’immagine di Napoli e della regione con ripercussioni gravissime sul turismo e sui prodotti tipici da esportazione dalla mozzarella ai pomodori.

Per cercare di porre rimedio è assolutamente necessario ed urgente che lo Stato metta in atto dei provvedimenti agevolati: dalla gratuità dei musei ad una abolizione delle tasse per alberghi, ristoranti e negozi che offrano sostanziosi sconti per incoraggiare i forestieri. Sarebbe auspicabile la creazione di buoni da spendere nelle strutture campane.

E l’Europa la smetta di minacciare continuamente provvedimenti restrittivi e pensi viceversa ad un piano internazionale di aiuti di durata poliennale.

Solo così potrà partire un’inversione di tendenza e dopo aver raggiunto il fondo lentamente risalire a galla.

L’Unità 9 febbraio 2008 Il Napoli 12 febbraio 2008

 

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Non più casta bensì cosca

 

Gentile dottore,

in questi giorni si parla di necessità di una nuova legge elettorale e si fa derivare da questa inadempienza l’ingovernabilità dell’Italia passata, presente e futura, ma nessuno ha centrato il vero problema costituito dall’esistenza di 158 partiti registrati con tanto di simbolo, i quali possono accedere ai finanziamenti pubblici, purchè raggiungano in un’elezione, sia essa politica, europea o regionale, lo 0,67% dei suffragi.

Tali finanziamenti persistono anche se la legislatura termina in anticipo il suo mandato e pochi sanno che i partiti continueranno ad avere finanziamenti anche per i prossimi anni, pur essendo caduto il governo ed indette nuove elezioni.

Uno scandalo di proporzioni gigantesche che grida vendetta e che potrebbe essere corretto con una legge voluta dai partiti maggiori.

Ma nessuno si muove, mentre la stampa tace e la casta che ci domina e ci dissangua somiglia sempre più ad una cosca.

Mai pubblicato

 

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Di nuovo polemiche sull’aborto

 

Gentile dottore,

l’irruzione della polizia al policlinico di Napoli mentre si svolgeva un’interruzione di gravidanza alla 21° settimana (5mesi) e la provocazione di Giuliano Ferrara che, in concomitanza dell’approvazione da parte dell’Onu di una moratoria sulla pena di morte, ha proposto una sosta di meditazione anche sull’aborto ed ha predisposto delle liste per le prossime elezioni ha riacceso le polemiche ed il dibattito sulla legge 194.

Vorrei fare qualche considerazione sul problema nella veste di addetto al settore da oltre 35 anni e non nella comoda retroguardia dalla quale pontificano politici, opinionisti, medici e bioetici.

La legge italiana è tra le più permissive del mondo e prevede la possibilità dell’aborto in qualsiasi momento della gestazione ove mai “siano accertate malformazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”(art 6). Ciò significa che l’interruzione in teoria potrebbe essere attuata anche al nono mese di gestazione, ma in questo caso il termine più adatto è, senza ombra di dubbio, quello di infanticidio. Stabilire categoricamente un termine ultimo mi pare assolutamente necessario, soprattutto alla luce degli sviluppi delle tecniche di rianimazione, che permettono di tenere in vita un feto di 22 - 23 settimane

Negli anni Settanta quando fu varata la legge in Italia ed in molte altre nazioni europee il problema demografico era assillante, mentre ora la crescita delle popolazioni occidentali è ampiamente deficitaria per cui bisogna porre in atto con urgenza dei validi correttivi, pena il tracollo della nostra civiltà nell’arco di 2 – 3 generazioni.

Bisogna garantire una presenza paritaria nei consultori di operatori laici e cattolici, affinché l’interruzione non sia la scelta obbligata, garantendo fondi al movimento per la vita ed ai centri di assistenza che sconsigliano il ricorso all’aborto.

Le tecniche di interruzione farmacologica della gravidanza sono una realtà attuata in tutto il mondo salvo in Italia e la 194 dovrebbe accogliere e codificare una metodica ben accetta dalle donne.

La Repubblica 15 febbraio 2008

 

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Rifiuti da trasportare lontano

 

Gentile dottore,

finalmente De Gennaro ha capito, dopo aver sprecato metà del tempo a disposizione, non vi è al momento altra soluzione che portare i rifiuti fuori dalla regione verso gli inceneritori svizzeri e tedeschi che la bramano, meglio ancora se si organizzasse un trasporto via mare verso il deserto libico, in grado in 30 - 40 anni di assorbire tutto e di creare le basi per nuovo petrolio.

Sono purtroppo soluzioni sgradite a politici ed industriali, con in prima fila il presidente Lettieri, che vogliono lucrare sull'immenso affare.

Il Mattino 2 marzo 2008

 

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Chiarezza sull’aborto

 

Gentile dottore,

l’irruzione della polizia al policlinico di Napoli e la presentazione della lista per la vita di Giuliano Ferrara hanno rinfocolato la mai sopita polemica sulla legge che regola l’interruzione di gravidanza, la famigerata 194, che trova strenui difensori ad oltranza ed acerrimi abolizionisti scontrarsi in un dibattito estenuante nel quale non si intravede una via di sbocco.

La questione è particolarmente spinosa trattandosi di una materia nella quale ci si trova davanti ad uno stridente conflitto tra diritti e doveri: tra quello del concepito a nascere, sancito chiaramente in tutte le dichiarazioni universali dei diritti, ma calpestato di fatto da quasi tutte le legislazioni occidentali e sul quale anche il laico non può e non deve transigere e quello della donna di poter disporre liberamente e sempre del proprio corpo, anche quando esso è divenuto il contenitore di una vita altrui.

Anche i laici più consapevoli devono rendersi conto che non si può lasciare soltanto ai cattolici l’onore e l’onere di battersi in difesa del concepito.

E la provocatoria iniziativa di portare in Parlamento un partito per discutere pubblicamente della vita ha il merito di aver messo in mora la pigrizia e la viltà mentale di quanti avevano accantonato e rimosso il problema. Purtroppo la discussione sta degenerando tra eccitazioni sessantottine e manifestazioni di piazza da un lato e posizioni intransigenti di netta preclusione dall’altro, che non tengono conto della diffusione planetaria e della realtà sociale dell’aborto.

La scelta di entrare nell’agone politico e di sedere in Parlamento, pur affermando di non voler modificare la legge, è senza senso, perché il luogo del dibattito, in assenza di un autorevole Agorà, devono essere i giornali e le televisioni e non certamente le aule sorde e grigie della Camera e del Senato.

La 194 quando nacque fu frutto dell’ipocrita compromesso tra cattolici e forze di sinistra e l’aborto giuridico che vide la luce dimostrava già dal nome la falsità delle sue intenzioni, nel momento in cui fu battezzata come norma “per la tutela sociale della maternità”, quando la via da seguire era quella di una depenalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza, senza rimanere moralmente indifferenti di fronte ad un dramma vissuto quasi unicamente dalle donne.

Mai pubblicato

 

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Replica a Repubblica

 

Gentile direttore,

solo stamane ho letto la lettera della signora Del Vecchio che si chiede se io sia lo stesso ginecologo con studio in via Manzoni che lei ricorda (forse per essere stata una mia cliente) e chiedo cortesemente di poter rispondere.

Si, sono io, e non lo avevo certo celato nell’incipit della mia lettera quando esordivo” Vorrei fare qualche considerazione sul problema nella veste di addetto al settore per oltre 35 anni e non nella comoda retroguardia dalla quale pontificano politici, opinionisti, medici e bioetici”.

Il diritto ad esprimere la propria opinione è una facoltà che infastidisce le persone intolleranti, latrici di una tesi contraria e nonostante ciò ritengo che, per aver vissuto il problema in prima linea, pagando sempre di persona, abbia titolo a rendere pubbliche le mie considerazioni e le mie critiche ad una legge, che necessita di opportune modifiche in alcuni passi, dove è in stridente contrasto con la normativa internazionale e con il progresso farmacologico.

Naturalmente coerenza, obiettività ed amore per la verità mi hanno indotto ad esprimere pubblicamente la mia opinione, ma soprattutto l’assoluto rispetto per il dramma solitario di tante donne che ha sempre contraddistinto la mia condotta professionale come potrebbero testimoniare le mie pazienti.

La Repubblica 22 febbraio 2008

 

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La più svettante palma di Napoli

 

Gentile dottore,

una malattia da alcuni anni  sta decimando i palmizi, infatti, dopo la Spagna, anche in Italia è entrato in vigore uno stato di allerta permanente per via di un insetto che nuoce gravemente alle palme: si tratta del Rhynchophorus ferrugineus, un curculionide chiamato comunemente Punteruolo Rosso, il cui ciclo vitale si svolge in parte all'interno di queste nobili piante.

Non è una novità che nel corso degli ultimi trent'anni molti parassiti e fitofagi siano stati introdotti accidentalmente in Italia a causa della leggerezza di vivaisti e rivenditori di piante, che fanno sbarcare sul continente grosse quantità di esemplari adulti, privi di adeguata certificazione fitosanitaria.

Le larve di curculionidi si trovano all'interno dell'apice vegetativo delle palme, dentro il quale scavano gallerie e nidi, rosicchiando il legno spesso in maniera udibile senza stetoscopio, e una volta completamente sviluppate invadono letteralmente l'ambiente circostante, contaminando altri esemplari.

Sembra che durante gli ultimi inverni, per via delle temperature innaturalmente miti, la virulenza dell'attacco sia aumentata. Molte regioni italiane a clima dolce, come Campania, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, hanno infatti dato segnalazione di numerose piante attaccate.

Esemplari storici, che da diversi decenni danno una precisa connotazione a molte belle città italiane, potrebbero essere completamente spazzati via. Anche in questo caso si assiste ad una tragica ed irritante passività delle autorità che dovrebbero essere competenti della materia. Per ora infatti non sono stati posti né vincoli né controlli alle piante importate dall'estero, né vengono presi, se non occasionalmente e a livello comunale, dei seri provvedimenti per prevenire un futuro disastro.

Purtroppo la lotta è molto difficile, e se l'individuo contaminato è adulto, pare non ci sia al momento altro rimedio che estirparlo e bruciarlo il più presto possibile. In esemplari giovani è stato tentato un trattamento d'urto, irrorando la corona foliare dall'alto e avvolgendo la pianta in un grande telo di plastica, un gigantesco preservativo, a mo' di camera a gas, ma risulta evidente che questo tipo di azione è difficile da adottare su esemplari già cresciuti.

Inoltre sarebbe raccomandabile evitare la potatura delle palme, poiché il Punteruolo si infila all'interno delle piante attraverso i tagli. Tra l'altro la potatura in sé per sé non sarebbe affatto necessaria, anche se viene abitualmente eseguita a scopi estetici (spesso con risultati che di estetico non hanno nulla), o per questioni logistiche, di passaggio o di viabilità.

Bando alla tristezza perché ora vogliamo parlare di un gigantesco esemplare di palma, il più alto di Napoli, che pochi conoscono essendo situato, non nell’Orto botanico, né nella Villa comunale, bensì nel segreto di un parco privato posto sul crinale della collina del Vomero, tra il corso Vittorio Emanuele e San Martino.

Gli esperti ritengono che le palme più alte della città siano quelle che svettano quiete da oltre quattrocento anni nel cortile del monastero di S. Andrea delle Dame, dove oggi si trova la cattedra di oculistica del vecchio policlinico, ma la palma… di palma più alta da oggi deve passare (misurare per credere) all’esemplare sito all’altezza del numero civico n 167 della storica strada, che noi amiamo chiamare tangenziale di Ferdinando II, in onore del sovrano che la costruì e non di quello che ne usurpò il merito, in un lussureggiante giardino che insiste sulla palazzina n.7 di Parco Eva.

Il fusto sembra voler raggiungere con le sue fronde più alte la collina sovrastante e datele qualche altro secolo di tempo e potete essere sicuri che vi arriverà.

Il Giornale di Napoli 20 febbraio 2008

 

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Tacchi a spillo: orgasmo assicurato

 

Gentile dottore,

tra le maggiori boiate pubblicate nei giorni scorsi dalla stampa internazionale vi è senza dubbio l’asserzione, priva di alcuna validità scientifica, che adoperando i tacchi a spillo si influenzerebbero i muscoli pelvici, i quali sarebbero poi in grado, al momento opportuno, di entrare in azione producendo un intenso e prolungato piacere sessuale.

La notizia, per quanto pubblicata su una rivista scientifica e rimbalzata poi sulle pagine del Sunday Times e da lì sui maggiori quotidiani europei, ha un solo merito:  aver richiamato l’attenzione delle donne sull’importanza di un gruppo di muscoli, che, se correttamente esercitato, può incidere favorevolmente sulla capacità di raggiungere l’orgasmo.

La studiosa dell’università di Verona, autrice dell’originale ricerca, dice di aver misurato l’attività elettrica della pelvi a secondo dell’inclinazione assunta dai piedi e di aver riscontrato nel gruppo di volontarie, che adoperavano un tacco di 7 centimetri, una riduzione del 15% dell’attività muscolare.

Un effetto diametralmente  opposto a quello che gli esercizi consigliati dai sessuologi cercano di ottenere: un aumento della capacità contrattile!

Purtroppo non esistono facili scorciatoie e per ottenere un valido risultato le donne debbono dedicare con pazienza del tempo a compiere una serie di noiosi quanto efficaci esercizi, dopo aver identificato il muscolo regista nell’innesco dell’orgasmo: il pubococcigeo.

La donna impara a riconoscerlo chiudendo gli occhi mentre urina ed interrompendo all’improvviso il getto, adoperando proprio il muscolo che dovrà esercitare.

Dovrà poi eseguire esercizi di contrazione e rilasciamento per circa un mese, occupando non più di 10 - 15 minuti in due sedute quotidiane.

Alla fine i risultati saranno clamorosi, mentre sono del tutto superflui decine di chilometri di marcia con tacchi vertiginosi, utili forse unicamente per procacciarsi, con un’andatura da femmina fatale una preda da ghermire e da coinvolgere nei ludi amorosi.

Pianeta donna 25 febbraio 2008

 

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Sircana non lo meritavamo

 

Gentile direttore,

mentre D’Alema capolista difende con foga ciceroniana l’operato di Bassolino davanti alla stampa estera, l’infaticabile Veltroni prosegue indefesso nella sua lodevole ansia di rinnovamento e di proposta di volti nuovi e puliti nelle liste…, siamo infatti tutti stanchi di facce patibolari.

La dimostrazione più lampante è la collocazione tra i primi posti in Campania, cioè elezione sicura, di Sircana già portavoce di Prodi, già implicato nello scandalo delle foto che lo ritraevano mercanteggiare sul prezzo con procaci travestiti per un’ora di sesso proibito. La foto rimase a lungo segreta, poi finì sulle pagine dei quotidiani e addirittura fu oggetto di un’opera d’arte presentata alla discussa mostra sull’omosessualità Vade retro.

Napoli non merita di essere rappresentata in Parlamento da questi personaggi, ma Veltroni, non potendo candidare Luxuria, passata (o passato?) con l’ultra sinistra, ha voluto propinarci un raffinato cultore dai gusti particolari, gli elettori debbono essergli grati e ricordarsene al momento del voto.

Il Napoli 6 marzo 2008

 

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