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Napoletanità arte  miti e riti a Napoli  (vol. II)

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Cap.47
Un Sud che non deve morire


Quando parliamo di Napoli, non intendiamo riferirci unicamente al suo centro antico o al suo sterminato hinterland, che copre oramai tutta la provincia, bensì anche ai territori corrispondenti al suo regno, che copriva tutto il meridione e, per alcuni tempi, anche la Sicilia.
In molti sperduti paesini sono ancora vive antiche tradizioni che vanno dalla cucina alle feste patronali, molto simili, e spesso oggi ancora più sentite di quelle della capitale.
Molte di queste località sono poco conosciute e rischiano di essere travolte dal mito della globalizzazione.
In particolare, quella di cui tratteremo, San Marco Argentano, rischia di scomparire fisicamente perché è interessata dalla faglia San Fili-San Marco Argentano di circa 30 km, il cui smottamento sta portando a continui movimenti tellurici, alcuni di notevole intensità, che toccano l’intero insediamento del Pollino ed alcuni bellissimi paesi come Altomonte e Morano Calabro.
Il paese meriterebbe ben più fortuna, considerato che, nonostante la sua storia, i monumenti, la bellezza e la grande cura del verde pubblico, è tagliato fuori dai flussi turistici, forse per la mancanza di locali alla moda, e ci si incontra solo per il piacere di stare assieme, magari davanti al camino d’inverno, per suonare l’organetto o il tamburello e cantare le canzoni tradizionali, anche quelle albanesi e greche dal momento che nei dintorni ci sono paesi un tempo abitati da popolazioni venute dall’Albania e dalla Grecia, come Santa Caterina Albanese e San Demetrio Corone.
Il territorio comunale è servito da un’estesa rete stradale, con un asse viario che lo collega sia allo Ionio che al Tirreno.
Le origini del nome derivano da San Marco Evangelista, patrono della città, mentre Argentano fu aggiunto in seguito con una delibera comunale del 1862, in onore della famiglia degli Argento.
Taluni storici hanno identificato San Marco con la città di Argentum, citata da Tito Livio, assieme ad altri centri Bruzi, che si unirono ai Romani nella guerra contro Annibale. Di certo, la zona fu abitata dall’uomo fin dai tempi del neolitico, come attestano numerosi ritrovamenti, mentre tracce di insediamenti di epoca romana, rinvenute in località Cimino, sono conservate nel Museo Archeologico di Sibari.
L’epoca cristiana è segnata dal passaggio dell’Apostolo Marco mentre l’assetto urbanistico dell’attuale centro storico è dovuto all’arrivo dei Normanni ed in particolare di Roberto il Guiscardo, come testimoniano vari monumenti, quali la Torre, la Cripta del Duomo e l’Abbazia della Matina, d'origine benedettina.
L’originaria struttura feudale è evidente nel percorso che unisce il Duomo alla Torre Normanna mentre chiese, palazzi e blasoni gentilizi giustificano l’antico appellativo di “Città dei Nobili”.
Tra i numerosi monumenti ricordiamo l’Abbazia della Matina con l’aula capitolare (sec.XI-XII), la Torre Normanna (sec.XI), la Cattedrale con annessa Cripta (sec.XI) e la Chiesa della Riforma di epoca successiva.
Tra le feste e gli eventi più importanti si segnalano la festa di San Marco Evangelista il 25 aprile e la “Partita del Re” che, la terza domenica di agosto, riproduce una battaglia medievale su una scacchiera gigante i cui protagonisti, pedine e pezzi in abiti storici, seguono le rigide regole di una partita a scacchi.
L’economia fino agli anni settanta era prevalentemente agricola, poi ha subìto una profonda trasformazione con piani di industrializzazione, mentre la presenza di scuole, uffici pubblici e servizi sanitari ha accresciuto notevolmente il settore terziario.
Vi sono diverse botteghe che vendono artigianato locale che spazia dalle cartoline di legno alle terracotte, mentre, tra i prodotti gastronomici, famosi sono i cardi selvatici sott’olio.
La cucina contadina punta sulla genuinità degli ingredienti. I piatti forti sono le paste fatte in casa, le minestre a base di verdure e legumi e la mischiglia, composta da nove erbe spontanee cotte assieme. Tipiche del luogo sono le cicerchie, un raro legume tra i ceci e i lupini. Tra i dolci spiccano quelli al miele di tradizione araba. Vi sono poi deliziosi formaggi dal gusto dolce da gustare con fragrante pane casareccio. Nella cucina di San Marco si rispecchiano le caratteristiche di tutte le cucine meridionali, con olio e verdura in abbondanza e la pasta lavorata in casa, ma soprattutto si manifesta la gioia di vivere degli abitanti di questa terra antica, custodi della fedeltà ai più semplici princìpi della vita.
Motivo in più per visitare questa cittadina e respirarne la fraterna solidarietà e l’attaccamento alle tradizioni.

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Torre normanna


Cattedrale di San Nicola


Cripta normanna della Cattedrale


Villa Comunale


Chiesa della Riforma


Napoletanità arte  miti e riti a Napoli  (vol. II)

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