<<--   capitolo precedente

^^--   indice   --^^

capitolo successivo  -->>

Quei Napoletani da ricordare  (vol. 2)

 

 

Cap.5
Orlando il magnifico
Silvio Orlando

Silvio Orlando è nato a Napoli nel 1957 e nel 1975 esordisce suonando il flauto nello spettacolo “Nascette ‘mmiez ‘o mare”. Dopo comincia a recitare nel teatro, finché non viene notato da Salvatores che lo sceglie per il film “Kamikazen – ultima notte a Milano” nel 1987. Da quel momento è un crescendo tra cinema, televisione e teatro, con la guida di registi famosi: Moretti, Virzì, Avati. Nel 2001 vince la Palma d’Oro a Cannes con “La stanza del figlio” di Nanni Moretti e con lo stesso regista cinque anni dopo il David di Donatello, come attore non protagonista ne “Il caimano”.
Sempre attraverso il teatro, nella vita di Orlando entra una giovane attrice, anche lei napoletana, Maria Laura Rondanini: «Le avevo fatto un provino per una farsa di Peppino De Filippo e non l’avevo scelta per la parte. Solo successivamente - guarda i casi della vita!- , poiché l’altra ragazza non funzionava per il ruolo, ho richiamato Maria Laura e durante la tournée siamo diventati amici. Dopo, per una serie di altre casualità stranissime, l’ho invitata in Sudamerica per un viaggio che avevo organizzato con il regista Virzì, e lì ci siamo scelti per la vita. Ci siamo sposati nel 2008».
Da allora i due attori lavorano anche insieme, come recentemente nel successo teatrale “Il nipote di Rameau “ di Denis Diderot; spesso commentano il loro lavoro e si scambiano opinioni senza inaridire il rapporto personale di coppia.
Sono uniti anche dall’amore per la loro città d’origine, Napoli. Orlando ricorda con malinconia, quando ha dovuto cambiare quartiere: «La mia generazione, nata alla fine degli anni ‘50, ha subito una specie di deportazione: con la mia famiglia abbiamo dovuto trasferirci dal centro storico: dove c’era la vita, nei quartieri nuovi come il Vomero, sicuramente più piacevoli, ma allora con attorno il nulla totale».
Orlando ritiene che l’essere napoletano giovi a un attore, ma lo incanali anche in uno stereotipo diffuso in Italia e all’estero: «Nel nostro immaginario siamo condizionati da questa città. Quando dici che sei napoletano, tutti pensano che tu sia simpatico e che sappia cantare e che possa diventare attore con una scorciatoia. Ma essere nati a Napoli non significa solo essere un talento naturale quando reciti!».
Anzi, per l’attore recitare assume una valenza etica: Il cinema si deve occupare di rappresentare gli esseri umani in situazioni riconoscibili, quelle descritte nei film di Nanni Moretti, che hanno dato un indirizzo ben definito alla mia carriera: penso a “Palombella rossa”, “Aprile”, “La stanza del figlio”, “Il caimano” o quelli dedicati alla scuola come “La scuola” di Daniele Lucchetti e “Auguri professore” di Riccardo Milani, nati da “Sottobanco” di Domenico Starnone e diventati uno spettacolo teatrale nel 1992 che tra l’altro, riprenderemo nella prossima stagione con gli stessi attori. Fare l’attore è il mestiere più politico di tutti, è un lavoro di testimonianza importante, perché sei un uomo qualsiasi che, osservando quello che gli succede attorno, deve rappresentare la quotidianità delle piccole cose in cui tutti possono riconoscersi, come ci ha insegnato il neorealismo».
Anche nei classici si possono trovare riferimenti alla situazione attuale. Nei giorni scorsi Orlando ha portato in scena, con la Popular Shakespeare Koompany (un esempio di compagnia dedita alla rivisitazione dei classici), l’allestimento del “Il mercante di Venezia” di Shakespeare, diretto da Valerio Binasco che ha aperto il 65° Festival shakespeariano di Verona e sarà allo stabile di Torino nella prossima stagione.
Orlando interpreta il ruolo di Shylock che sembra un personaggio di oggi nato dalla genialità di Shakespeare: «Sono un vecchiaccio, che pensa solo al denaro, alle prese con un gruppo di giovani scapestrati a cui impedisco comportamenti di rivalsa; come accade anche nel mondo di oggi, un uomo maturo lavora a discapito dei giovani e si sente in colpa perché sottrae loro spazio. Lavorare con Binasco, che è un maestro per gli attori della sua compagnia è un’esperienza importante. Questa volta, poi per ridurre i costi di produzione abbiamo vissuto insieme, durante le prove, in una cascina a Paderna in Piemonte, aiutati dal sindaco, dal prete, e dai ristoratori locali, dando vita a un “teatro ecologico”privo di qualsiasi forma di spreco».

Quei Napoletani da ricordare  (vol. 2)

 

 

 

^torna su^