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             Una delle più importanti mostre dell’anno è quella sul Correggio, 
            che si tiene a Parma e sarà visitabile fino al 25 gennaio 2009. 
            La fama del pittore risente della vicinanza storica di titani 
            assoluti come Leonardo e Raffaello, Michelangelo e Tiziano, che 
            hanno da sempre calamitato l’interesse degli appassionati e degli 
            storici dell’arte, ma questa rassegna, la quale vede riunita per la 
            prima volta tutta la sua  
            produzione oggi trasportabile nella cornice delle sue straordinarie 
            cupole, che ci permettono di percepire la novità di uno spazio 
            infinito dilatato fino all’inverosimile, sarà l’occasione per un 
            rilancio definitivo dell’artista nell’Empireo dei grandi geni del 
            Rinascimento. 
            Le sue ardite concezioni spaziali precorrono i tempi e saranno 
            riprese dagli artisti artefici del Barocco, dal Lanfranco al Rubens. 
            Uno dei primi tasselli del percorso museale è costituito 
            dall’appartamento della badessa Giovanna da Piacenza, sito nel cuore 
            della città in un monastero benedettino. Non è certo una piccola 
            celletta adatta alla preghiera ed alla contrizione, bensì un vero e 
            proprio appartamento, nel quale l’aristocratica badessa soleva 
            trascorrere i suoi pomeriggi con familiari, amici ed intellettuali 
            intrattenendo colte discussioni umanistiche. Sarà lei a guidare il 
            pennello del Correggio nella sua creazione, il quale dividerà la 
            volta in sedici spicchi, ricoprendola con un’illusionistica pergola 
            vegetale dotata di un’apertura ovale per ogni settore da cui si 
            affacciano bellicosi puttini (fig. 1 - 2).  
            
              
            fig 1  camera badessa 
            
              
            fig 2 camera badessa 
            Quindi allestisce alla base una serie di lunette che evocano 
            immagini leggiadre di divinità pagane con l’impressione di 
            un’impalpabile materialità marmorea, tra le quali spicca una 
            sensuale Giunone, ignuda, dalle mani e dai piedi legati e dalla 
            folta chioma fluente.  
            Infine troneggia su un antico camino una Diana cacciatrice con arco 
            e frecce (fig. 3), mentre sulla biga guidata dalle cerve si avvia 
            verso una battuta di caccia. Un’immagine solare di trionfo delle 
            greggi e delle messi, un potente inno propiziatorio di serena 
            fiducia e di gioia pagana. 
            
              
            fig 3 caminetto 
            Il Correggio nella cupola della chiesa di San Giovanni Evangelista 
            realizza, tra il 1520 ed il ’24, con grande sicurezza espressiva un 
            affresco dal prodigioso effetto illuministico con la figura del 
            Cristo incastonato tra gli apostoli (fig. 4), i quali danno 
            l’impressione non di timorati vecchioni, bensì di maschi bellissimi, 
            palestrati e monumentali, comodamente adagiati tra le nuvole dense e 
            grumose; non più le nuvole svolazzanti della pittura romana, ma 
            nuvole padane fatte di materia umida e palpabile, vere e proprie 
            macchine teatrali in grado di salire nell’alto dei cieli. 
            
               
            fig 4  San Paolo 
            Nella cupola del Duomo il pittore, tra il 1526 al ’30 esegue 
            l’Assunzione della Vergine (fig. 5 - 6) il suo testamento artistico, 
            un cantico solenne al delicato confine tra realtà e sogno, tra carne 
            e spirito, tra umano e divino. Egli ci regala l’immagine di un 
            Paradiso impregnato da gioia e colore, affollato di santi ed angeli 
            musicanti, che circondano la Vergine, mentre nei pennacchi si ergono 
            solenni i santi protettori della città. 
            L’effetto illusionistico è prodigioso e ci fa apparire la cupola più 
            alta e più grande, mentre, scandalosamente, gambe, braccia e glutei 
            si agitano senza sosta per tenersi miracolosamente a galla sul gran 
            vuoto della navata; è un Paradiso attraversato da un movimento 
            turbinoso di corpi più che di anime, corpi giovani e belli, taluni 
            nudi, come quello della nostra progenitrice Eva. Esso attrae 
            irresistibilmente lo sguardo dello spettatore, meravigliato, più che 
            dall’incessante dinamismo delle figure, dall’idea, così lontana dai 
            canoni medioevali, di un Paradiso statico, gerarchicamente immobile 
            ed indifferente alle passioni del cuore, mentre i suoi occhi 
            contemplano un movimento incessante di membra, che turbò i pacati 
            sentimenti dei fabbricieri, committenti dell’opera. 
            
              
            fig 5 cupola duomo 
            
              
            fig 6 Assunzione 
            Purtroppo nessuna foto è in grado di riprodurre adeguatamente 
            l’effetto grandioso del librarsi di stuoli di corpi celesti tra nubi 
            inondate dal sole, una sensazione riservata unicamente ai 
            visitatori, i quali, grazie a speciali impalcature dotate di 
            ascensori, si potranno portare a distanza ravvicinata al capolavoro. 
            Anche nei dipinti, come la celebre Notte (fig. 7 ) della 
            Gemaldegalerie di Dresda, il Correggio, utilizzando sapientemente la 
            luce, riesce a far convergere lo sguardo dell’osservatore dove egli 
            vuole, mentre nella parte alta della composizione vi è netta la 
            sensazione di cieli spalancati con angeli che volteggiano agili 
            sulle nubi. 
            Dopo gli affreschi la mostra offre pale d’altare, dipinti sacri e 
            profani, tutti contraddistinti da una pennellata fluida, morbida, 
            calda e sensuale, sia che siano rappresentate sante o madonne, sia 
            che si tratti di dee o di semplici donne. Siamo al confronto di una 
            pittura voluttuosa per quella esplorazione tattile e partecipe del 
            corpo femminile, indagato ed esplorato in ogni piega con attenzione 
            minuziosa. 
            Un viso dolcissimo che invita alla carezza o un seno appena 
            accennato, ma così fiero e volitivo sotto le vesti da fornire la 
            lucida consapevolezza di una nudità segreta quanto prepotentemente 
            anelata. 
            
              
            fig 7  notte 
            La donna del Correggio è libera e moderna, non è schiava del 
            pregiudizio religioso e sa essere  
            madre orgogliosa, ma solo dopo essere stata amante appassionata, 
            pronta al concepimento come al peccato. “Le sue Maddalene somigliano 
            alle donne di Parma: reali solo fino a quando dura il suono dei loro 
            passi” (Alberto Bevilacqua). 
            Tra i dipinti di soggetto religioso vogliamo segnalare il Matrimonio 
            mistico di S. Caterina con San Sebastiano (fig. 8 ) del Louvre, 
            dipinto intorno al 1525, nel quale il fulcro emotivo della scena è 
            focalizzato nel dolce intreccio delle mani che attira magicamente 
            gli sguardi dei personaggi. 
            
            fig 8 matrimonio mistico
              
            Entrambi appartenenti alle collezioni della Galleria di Parma sono 
            il Martirio di Placido, Flavia, Eutichio e Vittorino (fig. 9 ), nel 
            quale i protagonisti sono in preda all’estasi del supplizio e se ne 
            compiacciono e la Madonna di San Girolamo (fig. 10 ) che il pittore 
            affronta inserendo audacemente l’iconografia tradizionale di una 
            Sacra conversazione in un lussureggiante paesaggio. 
            
              
            fig 9 martirio santi 
            
                
            fig 10 sacra famglia 
            Di ben più potente impatto emotivo sono poi i quadri di argomento 
            mitologico, eseguiti a partire dalla metà degli anni Venti, intrisi 
            da una predilezione nella descrizione del corpo femminile, 
            scandagliato amorevolmente in ogni piega dell’epidermide. 
            Venere, Mercurio e Cupido (fig. 11 ) conservato alla National 
            Gallery di Londra ed eseguito intorno al 1525 e Venere, satiro e 
            Cupido (fig. 12 ) del Louvre, di poco posteriore, furono 
            commissionati per essere esposti in coppia e rappresentano la dea 
            dell’amore prima ben sveglia e poi placidamente addormentata. Nel 
            primo dipinto la divinità, dalle forme prorompenti, assurge a 
            protettrice del matrimonio e dell’amore coniugale, mentre nel sonno 
            l’abbandono dei sensi dà via libera alla concupiscenza ed al piacere 
            sessuale. Nella tela londinese Mercurio insegna a leggere Cupido in 
            un clima di intimità e serenità familiare ed il corpo nudo di 
            Venere, per quanto si stagli vigoroso nell’opulenza delle forme, non 
            suscita gli stessi lubrici desideri erotici di quando, nella tela 
            parigina, la dea assume una posa sfacciatamente provocante con una 
            studiata torsione del tronco atta ad esporre i tesori della sua 
            morbida carne. 
            
              
            fig 11 vener mercurio 
            
            fig 12  venere cupido satiro  
            La serie degli amori di Giove commissionata all’artista dal duca di 
            Mantova Federico II Gonzaga, per farne dono a Carlo V in occasione 
            della sua incoronazione imperiale a Bologna nel 1530, è costituita 
            da 4 straordinari dipinti, che rappresentano allo stesso tempo un 
            prodigio di erotismo accoppiato ad un uso innovativo dello spazio. 
            La Leda ed il cigno (fig. 13 ) dello Staatliche museen di Berlino 
            faceva coppia con la celebre Danae (fig.14) della Galleria Borghese 
            di Roma. Eseguita intorno al 1531-33 la Leda narra dell'acrobatico 
            amore di Giove, trasformatosi in cigno, con la figlia di Testio, 
            conquistata con un'irruenta incursione del flessuoso collo nel seno 
            accogliente della fanciulla. 
            
              
            fig 13 leda 
            
              
            fig 14 danae 
            La tela emana un afrore erotico inquietante tale aver indotto uno 
            dei suoi proprietari, il duca di Orleans, in un impeto di ottusa 
            pudicizia, a sfregiarla, costringendo i restauratori ad un lungo, 
            difficile e delicato lavoro. 
            La vita degli uomini è breve, mentre quella delle opere d'arte può 
            illudersi di sfidare l'eternità,  
            una sensazione che trova conferma se seguiamo la trafila della Leda 
            in questo scorcio di millennio: a Mantova con Federico II, a Madrid 
            con Filippo II, a Praga con Rodolfo II, a Stoccolma con Gustavo 
            Adolfo, a Roma con Cristina di Svezia, a Bracciano con gli 
            Odescalchi, a Parigi dagli Orleans, a Berlino con Federico II di 
            Prussia, ancora a Parigi con Napoleone, fino alla sua momentanea 
            ultima destinazione nel museo di Berlino. 
            La Danae, icona purissima del fascino muliebre, è semisdraiata sul 
            letto, mentre Cupido, indicando il pube, solleva spavaldo il 
            lenzuolo che la ricopre, in modo che Giove, in veste di pioggia 
            d'oro, possa più facilmente penetrarla. Il corpo della fanciulla è 
            di sorprendente modernità, non una corposa ed ipercolesterolemica 
            matrona romana dalle forme debordanti, ma una top model fresca di 
            coiffeur, con gambe scattanti, seno piccolo e sodo ed un'epidermide 
            alabastrina da sembrare una statua morbida come cera fusa. 
            La stessa vena erotica pervade le due tele coeve Giove ed Io (fig. 
            15 ) e Ratto di Ganimede (fig. 16 ) provenienti dal 
            Kunsthistorisches di Vienna ed ispirate alle Metamorfosi di Ovidio. 
            Nella prima composizione il padre di tutti gli dei, trasformato in 
            nube, stringe in un tenero abbraccio Io e la ninfa si abbandona 
            senza timore alla stretta impalpabile del dio, le cui labbra 
            ectoplasmiche la baciano appassionatamente. Nella scena di rapimento 
            il corpo prassitelico del fanciullo vola verso il cielo dell'Olimpo 
            dove diverrà coppiere degli dei, per nulla spaventato 
            dall'aquila-Giove e si stringe alle piume del rapace senza 
            tentennamenti, senza sorpresa. Ganimede rimane sospeso alle ali 
            divine mentre un cane incredulo osserva questo assurdo decollo, che 
            si svolge in un panorama lussureggiante e con un effetto 
            illusionistico che richiama a viva voce la Visione di San Giovanni 
            nella cupola della chiesa eponima di Parma. 
            
              
            fig 15 io giove 
            
              
            fig 16 ganimede 
            Ganimede assurge a simbolo di una nidiata di cupidi ed amorini, che 
            inducono alla meditazione: angelo o putto birichino? Innocente 
            adolescente o giovanetto compiacente?; è sempre arduo discernere la 
            linea sottile che separa purezza e peccato nella pittura di 
            Correggio. 
            Questa confusione è comune durante il Rinascimento che vede spesso 
            sovrapponibili ragazzi e santi, mito e religione. Un tipo languido 
            di fanciullo che fu ripreso in tempi moderni da Luchino Visconti nel 
            definire il candido personaggio di Tadzio nel film Morte a Venezia o 
            da Pierre et Gilles nelle loro morbose fotografie, nelle quali, 
            sulla scia del messaggio iconografico del Correggio di adolescente 
            divino, metà eros e metà angelo, ci inviano i loro ambigui modelli 
            di misteriosa giovinezza, incerta tra maschile e femminile, fungendo 
            da moderni archetipi del lato oscuro ed inafferrabile della 
            bellezza. 
            Achille della Ragione 
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