Cap.31 
			La triste capitale della monnezza 
			
			 
			Per giorni e giorni tutti i giornali del pianeta hanno dedicato la 
			prima pagina a Napoli che affoga sepolta dai rifiuti, ma nessuno si 
			è chiesto il perché di un’attenzione mediatica  
			ossessiva e tutto sommato fuori luogo. Ma la spiegazione è a livello 
			inconscio: Napoli è l’immagine premonitrice di un futuro quanto mai 
			vicino, quando, se non si frena una civiltà basata su un consumismo 
			sfrenato ed irrazionale, tutte le città del mondo saranno sommerse 
			dai rifiuti ed avvelenate dai gas emessi da automobili ed 
			inceneritori. 
			Napoli è il laboratorio dove si accavallano una serie di tematiche 
			che da tempo hanno raggiunto e superato il livello di guardia, ma 
			che interessano tutti i contemporanei: traffico, disoccupazione, 
			delinquenza organizzata, smaltimento dei rifiuti, abusivismo, ecc.
			 
			Gli Italiani sono stati alla finestra senza muovere un dito, anzi 
			rincarando la dose attraverso il disprezzo. Non si è voluto 
			affrontare il problema della delinquenza e questa è dilagata come un 
			cancro, aggredendo il tessuto sano, non si voluto contrastare il 
			business della falsificazione e tutta l’Europa è oramai invasa da 
			griffe fasulle e marchi contraffatti, non si fa niente per risolvere 
			alla radice il dramma dei rifiuti ed il miasma comincia a dilagare 
			lontano e lo spettro di una crisi generale comincia ad essere 
			un’ipotesi plausibile. 
			Le recenti puntate di Porta a Porta, protrattesi fino a notte fonda, 
			sono state lo specchio di una situazione insostenibile: da un lato 
			gli ospiti in studio, comodamente in poltrona, elegantemente vestiti 
			a discutere forbitamente, mentre le telecamere inquadravano 
			un’umanità lacera, abbandonata da tutti, che gridava disperata la 
			sua rabbia e le sue paure, respirando la puzza delle discariche ed 
			inalando la micidiale diossina. 
			Tutti quelli che si meravigliano che la città non sia ancora 
			precipitata nei gorghi del baratro inabissandosi, dimenticano che 
			rimane ancora miracolosamente a galla, aggrappata alla sviscerata 
			devozione dei suoi abitanti che l’amano perdutamente e per il 
			ricordo, mai sbiadito di millenni di cultura, civiltà e nobili 
			tradizioni. 
			Ma state attenti perché se dovesse veramente affondare creerà un 
			gigantesco risucchio e trascinerà con sé negli abissi tutto quello 
			che la circonda per larghissimo raggio e nessuno si salverà. 
			
			Il Riformista 15 gennaio 2008 – Il Mattino 27 gennaio 2008 
			
			L’infinita emergenza dei rifiuti 
			
			La situazione dei rifiuti in Campania peggiora minuto dopo minuto e 
			non riesce a raggiungere il fondo, che diviene sempre più profondo 
			come un gorgo che rischia di trascinarci tutti nel baratro. 
			Nonostante le ferme parole del Presidente Napolitano, l’impegno 
			personale di Prodi, la buona volontà di Bertolaso, le accorate 
			proteste di Gerardo Marotta e dell’Assise di palazzo Marigliano, il 
			coro unanime dei giornali, la rabbia e la disperazione dei 
			cittadini, le montagne di spazzatura hanno continuato a crescere 
			imperterrite, raggiungendo e superando i primi piani dei palazzi, 
			mentre l’olezzo, insopportabile, penetra profondamente le narici e 
			torme di topi banchettano allegramente, stupite di un così lauto 
			pasto. 
			Se avessero un minimo di amor proprio sindaca e governatore, prima 
			di dimettersi dalle loro cariche, dovrebbero apparire a reti 
			unificate su tutte le televisioni, dichiarare pubblicamente le loro 
			colpe e chiedere disperatamente aiuto a chiunque possa fornircelo.
			 
			Se avessero il coraggio e l’onestà di compiere questo pubblico atto 
			di contrizione i cittadini non potrebbero certo perdonarli, neanche 
			i cristiani più immarcescibili, ma almeno, se dovessero capitargli a 
			tiro, nello sputare doserebbero il quantitativo sufficiente a 
			mortificarli senza annegarli. 
			Inutile illudersi o agitarsi alla ricerca dell’impossibile. In 
			attesa di soluzioni definitive del problema, attualmente una sola 
			via, anche se transitoria, è percorribile: trasportare altrove la 
			nostra monnezza. 
			Per organizzare ed attuare un piano adeguato di raccolta 
			differenziata, per popolazioni poco disciplinate come le nostre, ci 
			vuole un tempo ragionevolmente di anni, partendo dalla scuola, nella 
			quale in questi anni di tutto si è discusso salvo che di spazzatura. 
			Le discariche esplodono letteralmente, emanano miasmi putrescenti 
			fino a chilometri di distanza, sono da tempo esaurite e non se ne 
			possono creare altre con un colpo di bacchetta magica. Abbiamo 
			letteralmente esaurito tutti i buchi disponibili. 
			Il termovalorizzatore, o per meglio dire l’inceneritore, pare che 
			debba abortire prima di nascere, non solo per le giuste proteste dei 
			gruppi ecologisti, preoccupati degli effetti nocivi sulla salute 
			nostra e dei nostri discendenti, ma perché da anni in tutto il mondo 
			è una soluzione abbandonata. In Germania gli impianti chiudono uno 
			dopo l’altro e lo stesso negli Stati Uniti; in Giappone non sono mai 
			esistiti. Tra l’altro quello che dovrebbe, ma speriamo, che doveva 
			sorgere ad Acerra, era progettato con tecnologie talmente obsolete e 
			superate, frutto di scelte ottuse e criminali, che in pochi giorni 
			la magistratura, se pure entrasse in funzione, non potrebbe fare 
			altro che chiuderlo.  
			Il luogo ideale dove convogliare le migliaia di tonnellate di 
			spazzatura, che oramai ci sommergono, è il deserto libico, in grado 
			in pochi decenni di metabolizzare qualsiasi cosa, salvo la plastica 
			e di assorbire anche le centinaia di migliaia di ecoballe che 
			affollano la Campania e che nessun inceneritore prezzolato sarà mai 
			disponibile a trattare, perché di eco non hanno proprio nulla sono 
			solo balle. 
			Il trasporto via mare è poco costoso ed in meno di un giorno navi 
			gigantesche potrebbero trasferire immani quantità di spazzatura 
			sull’altra sponda del Mediterraneo. Gheddafi in cambio di un po’ di 
			vile denaro occidentale sarebbe certamente disponibile ed anzi, per 
			contraccambiare la cortesia, continuerà a fornirci del tutto 
			gratuitamente il nostro quotidiano quantitativo di immigrati 
			clandestini per incrementare disoccupazione e delinquenza. 
			
			Una rivoluzione culturale 
			
			Purtroppo da noi i cittadini sono ancora ritenuti sudditi da tenere 
			all’oscuro delle beghe di potere; meno sanno, meglio è. Questo è il 
			motivo per cui fino a pochi mesi fa ignoravamo completamente di 
			residui nucleari, fusti tossici provenienti da mezza Europa, 
			incendio criminale delle discariche, addirittura scheletri umani e 
			teschi in libera uscita nelle campagne. Una realtà al di fuori di 
			ogni immaginazione che viceversa è la triste realtà di gran parte 
			della Campania e della quale solo pochi libri coraggiosi hanno 
			parlato. 
			Ma anche quando, speriamo al più presto, crederemo di aver trovato 
			una soddisfacente soluzione al problema saremo semplicemente 
			all’inizio di una improcrastinabile rivoluzione culturale. 
			Sia gli imprenditori che i lavoratori debbono infatti rendersi conto 
			che viviamo senza accorgercene agli albori di una terza rivoluzione 
			industriale e soltanto un uso più razionale delle materie prime e 
			dell’energia consentirà la sopravvivenza degli affari e del lavoro. 
			Gli standard di qualità delle merci, in una società sostenibile, 
			debbono essere basati sui principi di maggiore durata, più lunga 
			vita utile ed ampia possibilità di riutilizzo e di riciclo. 
			Purtroppo l’accettazione di norme di qualità cozza contro il 
			perverso andamento della civiltà dei consumi, vincolata al credo 
			della produzione di merci sempre meno durature, al successo di mode 
			effimere di oggetti usa e getta e di un mercato che spinge verso una 
			continua produzione senza alcuna preoccupazione per il futuro. 
			Bisogna agire in fretta e con la massima decisione, un ritardo di 
			cinque anni ci costringerebbe a fare i conti con una massa di 
			rifiuti (cemento, ferro, plastica, imballaggi, carta, scarti 
			alimentari e conciari, ecc.) aumentata di un altro mezzo miliardo di 
			tonnellate, una valanga in grado di travolgerci e se i governi del 
			mondo continueranno ad ignorare la gravità del problema, sarà 
			necessario far nascere e crescere un movimento di liberazione dai 
			rifiuti. Un modello di trattamento dei rifiuti esemplare, che possa 
			essere adottato a Napoli, come al Cairo o a Tokyo, a Milano come a 
			Città del Messico, un cambiamento rivoluzionario necessario ed 
			urgentissimo davanti ad un mondo dominato da un capitalismo spietato 
			ed un consumismo suicida, che in pochi anni si avvia a divorare 
			tutte le risorse naturali e a divenire una pattumiera planetaria. 
			Napoli è l’indiscussa capitale mondiale della monnezza. Le foto dei 
			cumuli di rifiuti che osano sfidare il cielo, i roghi disperati che 
			vomitano al vento micidiale diossina, i cassonetti divelti hanno 
			fatto più volte il giro del mondo ed hanno avuto il disonore della 
			prima pagina sui giornali di tutto il mondo. 
			Americani e cinesi, gli europei già ci conoscevano, sanno che la 
			nostra città è la più fetente della Terra. 
			Sarebbe bello che questa necessaria rivoluzione nascesse all’ombra 
			del Vesuvio ad opera di un popolo, paziente fino all’ignavia, ma che 
			quando si incazza non si sa mai dove può arrivare. 
			
			Il Brigante luglio 2007 (editoriale) L’Opinione 20 luglio 2007 
			  
			
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			Copertina del libro Monnezza, viaggio nella spazzatura campana di 
			Achille della Ragione 
			
			  
			Giornale tedesco 
			
			  
			Spazzatura a Napoli 
			
			  
			Roghi di spazzatura 
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