Giuseppe Marullo

  Capitolo 2
 
Opere minori nelle chiese

Per circa dieci anni, dal 1667 al 1678, non troviamo nessuna tela dell'artista né firmata né documentata e le numerose pale d'altare che le fonti gli riferiscono in varie chiese napoletane, tutte di qualità scadente, appartengono probabilmente in gran parte a questo periodo, che il De Dominici definì di involuzione stilistica, quando, alla ricerca di uno stile personale, "il colorire risentito", che lo distinguesse dal maestro, il Marullo diede luogo a composizioni estremamente piatte, con un ventaglio cromatico che imita pedissequamente quello del Reni, mentre la sua maniera, confrontandosi unicamente con soggetti devozionali, involve sempre più in formule stanche e ripetitive.
A questi anni appartengono una serie di lavori destinati a chiese secondarie napoletane, che descriveremo brevemente, partendo da un Sant'Antonio col Bambino (fig. 45) dell'Arciconfraternita dei Bianchi di Sant'Antonio da Padova in San Severo alla Sanità, ascritto genericamente nelle schede della Sovrintendenza all'ambito del pittore, anche se alcuni dettagli, quali la fila profonda tra i capelli dell'angioletto a destra, costituiscono, come vedremo in altre tele, una recondita sigla distintiva dell'autore.

     
fig. 45 - 46 - 47

Nella chiesa di Rosario di Palazzo, nella stanza del parroco, proveniente dall'altare della sesta cappella destra, è conservata una Sant'Anna con la Madonna, San Gioacchino e l'Eterno (fig. 46), la quale, ad un restauro eseguito di recente ha rivelato alcune caratteristiche dello stile del Marullo. La tela, nonostante sia costruita con uno schema semplice, diffuso nei lavori meramente devozionali, presenta una delicata stesura pittorica ed una ricerca introspettiva nella definizione dell'espressione dei volti.
Nella chiesa del Gesù delle Monache, nella quarta cappella a sinistra, trova posto una tela, purtroppo in condizioni di conservazione pessime, rappresentante la Crocifissione (fig. 47), in passato sovrastata realmente da un crocifisso ligneo del quale non vi è più traccia. Un quadro con numerose figure attribuibile per alcuni particolari, anche se dubitativamente, al Marullo.
Nella chiesa del Ritiro Mondragone, ove si trova anche la Madonna del latte, ultima opera del Marullo secondo il De Dominici, si trovano altre due tele ascrivibili all'artista, di qualità più modesta: una Santa Rosa (fig. 48) ed una Visione di Santa Candida (fig. 49).
Proveniente dall'asilo Lebano ed oggi in deposito, presentiamo un interessante inedito: una Madonna col Bambino ed un Santo Arcangelo (fig. 50), un autografo quanto mai interessante, nel quale il caratteristico cono d'ombra, che in genere ricopre la guancia sinistra della Vergine, si espande ad occupare metà della fronte.
In Santa Maria Ognibene la pala d'altare principale, centrata sulla figura della Madonna col Bambino con San Gennaro e San Biagio (fig. 51), presenta una rara iconografia, nella quale un posto di rilievo è occupato da una resuscitazione.


fig. 48 - 49 - 50

Nella chiesa di Santa Marta, nella prima cappella destra, una tela di recente restaurata, raffigurante la Vergine in gloria con San Gennaro e San Giuseppe (fig. 52), proponiamo possa essere assegnata al Marullo, perchè contraddistinta da alcune caratteristiche stilistiche precipue del pittore: dal delicato ovale con il patognomonico cono d'ombra, ai riccioli ribelli del Bambinello divisi da un' originale stempiatura che si incunea tra i capelli, alla fisionomia del San Giuseppe, che rimembra quello di altri santi od apostoli dipinti dall'artista. Proveniente da un'antica chiesa distrutta ed oggi nel contenitore dell'Incoronata del Buon Consiglio, un San Giovanni (fig.53), di rara potenza espressiva, mentre ai sui piedi vengono narrati con precisione episodi accessori (fig. 54).


fig. 51 - 52 - 53 - 54

A Barano nell'isola di Ischia, conservata nella chiesa di Santa Maria la Porta, segnaliamo, sulla navata destra, una Immacolata (fig. 55), che nelle antiche guide viene indicata come scuola del Murillo, e viceversa, nonostante le devastanti ridipinture ne falsino la lettura, può essere assegnata tranquillamente al nostro artista, in una fase di stanca ripetizione di soggetti devozionali.
Tra i quadri trafugati, ricordiamo una Madonna delle Grazie e Santi, firmato e con data illeggibile, che si conservava, tra l'altro in pessimo stato di conservazione, nella prima cappella sinistra in San Girolamo delle Monache (fig. 56) ed un San Rocco, che trovava collocazione nell'omonima chiesetta di Capodimonte. Nella chiesa di Santa Maria la Verità, una Sant'Anna e la Vergine (fig. 57), molto lodata dalle fonti, oggi visibile (per pochi intimi...) presso la Corte d'Appello di Napoli.


fig. 55 - 56- 57 

In Santa Teresa a Chiaia una rara iconografia per Napoli: la Vergine ritratta assieme a San Giovan Giuseppe della Croce (fig. 58).
In una delle numerose cappelle laterali destre di Santa Maria la Nova, una Gloria di San Bonaventura, di grosse dimensioni, assegnata all'artista da Spinosa (fig. 59).
Nella chiesa dei Gerolamini, colpevolmente chiusa da tempo immemorabile, nella cappella di Santa Maria della Neve e Sant'Anna, è ancora in situ, così come la descrive il Celano, una tela (fig. 60), di forma originale, che ne racchiude al suo interno, contornandola, un'altra (fig. 61), eseguita da un altro artista "L'immagine della Beata Vergine col Divino Figliuolo (sotto il titolo della Neve) dipinta in un piccolo quadro situato nel mezzo, della scuola del Polidoro. La tela che gli sta intorno, e nella quale sono figurati l'Eterno Padre, Sant'Anna e San Gioacchino è della seconda maniera di Giuseppe Marulli discepolo dello Stanzioni".
Una conferma quasi coeva (il Celano licenzia alle stampe il suo trattato nel 1692) di una diversa maniera pittorica del Nostro artista.
Nella chiesa della Consolazione a Carbonara vi era un dipinto raffigurante San Tommaso di Villanova, purtroppo, come tanti altri del Marullo, trafugato.
Non rintracciabili anche i Ritratti francescani, segnalati nelle antiche guide nel refettorio di Santa Maria la Nova.


fig. 58 - 59 - 60 

Nei depositi del museo di San Martino è conservata una Sacra Famiglia (fig. 62) proveniente dalla chiesa di Santa Patrizia, erroneamente classificata nelle schede della Sovrintendenza come opera di Pacecco De Rosa. Una tela che presenta singolari assonanze con personaggi raffigurati nell'Incontro di Rachele e Giacobbe, già in collezione Garzilli. Un'opera improntata da un deciso accento personale, fatto di rustica semplicità e di vena narrativa provinciale.
Nei depositi dell'Accademia delle Belle Arti, in pessimo stato di conservazione, vi è un Riposo durante la fuga in Egitto (fig. 63), di autografia border line, non citato da alcuna fonte, che cronologicamente può collocarsi in contiguità con la Sacra Famiglia, già nella chiesa di Santa Patrizia.
In San Paolo Maggiore, nella cappella di Sant'Andrea Avellino, la cupola è affrescata dal Nostro, mentre in San Lorenzo, dove ritorneremo più diffusamente per descrivere una delle più alte espressioni dell'artista , già nella cappella Palmieri, ricordiamo un quadrone rappresentante la Concezione, collocato nel soffitto, molto lodato in passato ed oggi perduto.


fig. 61 - 62 - 63

Nella chiesa di San Pantaleone, posta sulla parete destra, vi è una Madonna che dà il Rosario a san Domenico con santa Caterina da Siena (fig. 64). 
Una tela interessante, che risente dell'attività del Guarino giovane, prima del 1637, l'anno in cui il pittore si distaccò dal forte realismo giovanile per avvicinarsi ai raddolcimenti cavalliniani. Si apprezzano inoltre nella tela reminescenze manieriste ed uno studio del paesaggio e dei brani di natura morta resi con uno stemperamento del riferimento caravaggesco in una interpretazione già ampiamente pittoricistica.
Nell'accurata apertura paesistica e soprattutto nella definizione dei putti di derivazione stanzionesca possiamo intravedere il pennello del Marullo. Il gruppo di angioletti che solleva, con vorticoso dinamismo, un drappo, è raffrontabile con quelli raffigurati nel San Michele che scaccia il demonio della chiesa di San Michele a Portalba e nella Visione di Sant'Antonio da Padova della chiesa di Santa Maria la Nova di Terlizzi.
In Santa Maria delle Grazie in Sorrento, sull'altare sinistro prossimo al portale d'ingresso, di fronte all'unica tela documentata di Pompeo Caracciolo, figlio di Battistello, vi è una tela (fig. 65) con San Domenico di Guzman incoronato da due poderosi angioletti in posa acrobatica, che richiamano a viva voce i colleghi eseguiti dal Curia cinquant'anni prima nella Congrega del Rosario di Orta di Atella, la città natale del Marullo. Il Santo è raffigurato assieme ai simboli emblematici della sua fama, dall'abito bianco e nero dell'ordine, chiara allusione alla purezza ed all'austerità, con il giglio bianco in primo piano a ricordo della sua castità, mentre il libro è la traccia evidente dei profondi studi alla base della sua predicazione in difesa della fede, in particolare contro l'eresia degli Albigesi ed infine il cane bianco, che addenta una fiaccola ardente, a rimembrare la scena premonitrice, apparsa alla madre prima del parto, di una fiamma che avrebbe acceso il mondo, da cui il soprannome che assunse l'ordine da lui fondato: Domenicani, da "Domini canis".


fig. 64 - 65 - 66

Sempre in costiera, a Vico Equense, nella piccola chiesetta di Santa Maria del Castello vi è una tela, di recente restaurata, un San Francesco in meditazione (fig. 66), animato da un mutevole gioco di chiari e scuri e con il volto del santo reso alla pari di un ritratto con ricercata introspezione psicologica, mentre la scena è osservata con attenzione da quattro puttini di chiara derivazione stanzionesca. Il quadro, classificato nelle schede della Sovrintendenza come ignoto caravaggesco, va, a nostro parere, collocato in un ambito tra Onofrio Palumbo, per la dolcezza paffuta degli angioletti in alto, ma soprattutto verso il nostro artista, un Marullo seconda maniera naturalmente, facendo nostra l'acuta definizione del Celano, per la felice combinazione di motivi luministici e pittoricistici e per la severa figura del santo, ispida e legnosa. Vicinissimo a questa tela, va collocato un Sant'Antonio da Padova ed il Bambino (fig. 67) della quadreria del Pio Monte della Misericordia. Assegnato correttamente nelle schede della Sovrintendenza, ma stranamente collocato ad ubicazione sconosciuta, diventa ignoto nel catalogo della pinacoteca pubblicato di recente. Nel dipinto possiamo osservare un carattere patognomonico dei modi pittorici dell'artista, costituito dalla fila tra i capelli che penetra profondamente, un carattere che abbiamo riscontrato in altri lavori e che permette di riconoscerlo: (osserva la stessa fila nell'angioletto in basso a destra nel quadro omonimo conservato nell'Arciconfraternita dei Bianchi di Sant'Antonio di Padova in San Severo alla Sanità).


fig. 67

Vi è poi da considerare la serie di quadri dedicati ai Santi salva città...a partire da Sant'Antonino (fig. 68), impegnato a salvare Sorrento nella chiesa di Sant'Angelo a Nilo a Napoli e nella chiesa di Santa Maria delle Grazie sita nella ridente cittadina costiera, al prode San Gennaro, rappresentato nella prima cappella sinistra dell'Incoronata del Buon Consiglio (fig. 69) e già in San Giorgio dei Genovesi ed in San Pietro Martire (fig. 70), proveniente da San Gennaro dei Cavalcanti. In tutte queste tele il Marullo ha come collaboratore, per la veduta della città posta alla base della composizione, la bottega di Didier Barra. Tutte queste tele salvifiche... vanno collocate in un arco cronologico abbastanza ampio, che spazia dal quinto al settimo decennio del secolo, un periodo in cui l'artista presta una particolare attenzione alle ricerche del Ribera, senza però tralasciare il gusto per la preziosità della pennellata e l'interesse per la teatralità della scena.


fig. 68 - 69 - 70 

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